DIARIO IN PUBBLICO
Non è triste Venezia ma Ferrara
Come ribolle la patria materna! E Ferrara, ormai spesso e solo ‘Ferara’, diventa la città più problematica dell’Emilia-Romagna. Per non farmi mancare nulla mi trascino a Venezia per partecipare a Ca’ Foscari al convegno dannunziano rimandato di un mese per l’acqua alta. Accompagnata da una cara amica con cui ho lavorato decenni, faticosamente m’arrampico sul ponte di Calatrava e lungo le calli m’addentro nella città che nulla o nessuno saprà strapparmi dal cuore. Le mie esitazioni fisiche e psichiche sembrano quasi una difesa alla valanga dei ricordi che s’abbattono impietosi per riaprire ferite e malinconie e ravvivare soprattutto quello che mi aveva sempre coinvolto della città acquatica. Ricordo allora il quadro di Matisse Calme, luxe et volupté tratto da L’Invitation au voyage, la sublime poesia di Baudelaire nella raccolta dei Fleurs du Mal. Ma anche Morte a Venezia, la novella di Thomas Mann e ancora, Com’è triste Venezia la canzone di Charles Aznavour. La mia spietata nostalgia veneziana di cui mi sono nutrito per una vita intera trova alla fine un sicuro rifugio a Malcanton la (brutta) sede in tanta bellezza di Cà Foscari, E ritrovo amici carissimi tra i quali Marzio Mutterle, con cui parlerò, il compagno fido di tante esperienze compresa la prima e la più importante: quella che ci portò ad essere ‘pavesini’ non biscotti ma fedeli allievi di Cesarito, il ‘nostro’ Pavese.
E accanto a lui amiche e amici del temps d’antan.
Inesorabilmente nella discussione s’affaccia (e come non avrebbe potuto accadere?) il rapporto tra Bassani e d’Annunzio che già il libro coordinato da Portia Prebys e da me indicava chiaramente nello stesso titolo, Vivere è scrivere. E il particolare dannunzianesimo dello scrittore ferrarese, mediato anche dalla fedeltà a quello che considero il più grande poeta del secolo breve, Eugenio Montale, si arricchisce di un altro importante tassello. E’ ben conosciuta la passione di Bassani per il poema dantesco che conosceva e recitava quasi tutto a memoria ma una fonte sicura mi conferma che lo scrittore ferrarese recitava tra amici, sempre a memoria, una splendida e rara poesia di d’Annunzio: I camelli della raccolta di Alcyone. Eccoli i pazienti animali rappresentati nella tenuta pisana, che faticano e nello stesso tempo evidenziano la loro estraneità al mondo in cui sono stati condotti per lavorare. Il loro lento adattarsi diventa emblema di una condizione esistenziale che è cosi vicina metaforicamente al mondo dell’autore del Romanzo di Ferrara.
Si passa poi a commentare un testo, quello di Laura Melosi che pubblica sulla scorta dell’archivio Olschki un libro straordinario, D’Annunzio e l’edizione 1911 della ‘Commedia’.
Alla fine ci si scambiano abbracci metaforici e reali tra amici riuniti da una comune passione.
Il ritorno alla realtà ferrarese rende ancor più acuta la nostalgia di quei momenti. Si spalancano imbarazzanti crepe nella nuova gestione della città. A Piazza Pulita, il programma di tv7 condotto da Formigli, scoppia il caso Solaroli, vicecapogruppo della Lega che offre a una troppo – secondo lui – invadente membro della giunta leghista, Anna Ferraresi, uno scambio tra una sua dimissione dal consiglio a un lavoro ben pagato che l’avrebbe vista alla guida del trenino che percorre la città come illustratrice dei luoghi artistici che il mezzo toccava. Se il fatto sostenuto fosse dimostrato vero sarebbe un gravissimo atto di prevaricazione. E di questo si dice nella telefonata erano al corrente e il sindaco e il vice sindaco. Non voglio continuare a ricordare le tristezze di Ferrara che sembra continuino anche nel fatto quasi inaudito della mancanza all’inaugurazione della Mostra donata dal Presidente della Repubblica Mattarella al Meis delle massime autorità dell’amministrazione cittadina. Almeno così commenta un membro della minoranza presente all’inaugurazione.
Allora si può cantare Com’è triste Ferrara?

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Gianni Venturi
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)