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Moderatamente interessato alla questione degli stadi, ancor meno a quella delle priorità romane, mi rifugio nel campo in cui posso avanzare qualche conoscenza: quello della lingua e mi accorgo con grandissimo stupore che i resoconti sportivi fanno parte di quel linguaggio esoterico e specialistico che solo gli iniziati sanno decifrare. Già mi ero messo sulla buona strada assistendo casualmente tra un cambio di programma e l’altro o alla fine dei telegiornali alla voce convulsa e rattenuta del cronista che esplode nell’urlo liberatore o s’affievolisce a sussurro quando l’azione fallisce. Il rantolo raggiunge però soddisfazioni quasi sessuali sul nome dei divi e santi vale a dire quando si devono commentare le imprese omeriche di qualche grande protagonista della battaglia. Umberto Eco da par suo ammoniva che non è solo rifugiandosi nella semiologia più conservatrice ma solo aprendosi ad altre discipline quali l’antropologia culturale o alla sociologia che la scienza dell’espressione linguistica troverà la sua misura. E pensiamo all’operazione di Italo Calvino con il trattamento della materia cavalleresca riportata a casi contemporanei che sancisce la straordinaria trilogia dei Nostri antenati o l’operazione di Ronconi che usò le tecniche più nuove per rendere contemporaneo l’Ariosto. O ascoltare una canzone di Mina.
Ma torniamo alla nostra esegesi critica. Purtroppo il mio discorso s’avvale solo di due giornali e e mi manca il riscontro con la bibbia del commento sportivo; vale a dire La gazzetta dello sport (ricordo Stadio nei miei anni giovanili, questo su pagine color verdino-bigio, mentre La gazzetta appare in rosa). Il più ‘tecnico’ tra gli interventi è l’affascinante (da un punto di vista letterario) articolo di Paolo Negri sulla ‘Nuova Ferrara’ del 26 febbraio.
L’impostazione mistico-religiosa del resoconto dei cronisti sportivi quasi totalmente perseguita da quelli che relazionano sul calcio fa leva soprattutto su due termini: ‘sacrificio’ e ‘sofferenza’ che immediatamente rimandano ad una prospettiva religiosa. Niente di nuovo se si pensa che nell’antichità l’eroe sportivo era simile agli dei e veniva innalzato agli altari con le statue a lui dedicate e con i versi dei più grandi poeti tra cui spicca l’immenso Pindaro con le sue odi Olimpiche o Pitiche. Un assaggio di questa prosa: “Al 42° Schiattarella a Fioccari, appoggio ad Arini che in un fazzoletto conclude mandando la sfera a sfiorare il palo [ …] Alla ripresa il Perugia porta subito il pericolo dopo slalomeggiante iniziativa di Di Chiara: Arini s’immola. […] La Spal concede spazio alla tambureggiante spinta ospite”.
Cercando di sciogliere i misteria linguistico-simbolici. Resta almeno all’umile lettore di che ‘fazzoletto’ si tratta. Nella mia imperdonabile ignoranza ‘la sfera’ che penso forse banalmente essere il pallone va rinchiusa in un ‘fazzoletto’? Reale, simbolico, forse un fazzoletto di terra? Il sacrifico dell’eroe che s’immola è preceduto da un termine che la Crusca dovrebbe ricevere nelle nuove proposte linguistica ‘slalomeggiante’ termine mi pare preso in prestito da un’altra disciplina sportiva.
Mi sciacquo la mente con il bellissimo articolo di Gianni Mura, Ranieri, i sogni, più veri e la differenza con Rocky di cui riferisco una conclusione di altissima qualità, parlando agli sportivi dopo la ferita inferta al grande mister Ranieri: “la gratitudine, più sono alti i conti in banca più diventa piccola e quasi ignorata. Dopo aver sorpassato Cartesio (penso, dunque sogno), consiglio a Ranieri di considerare la partita col Liverpool come una scala Mercalli dell’amore [bellissimo! ndr].
Si ritorna al linguaggio ‘partitico’ con il disinvolto reportage di Emanuele Gamba (La Repubblica 26.2.17). Qui il linguaggio esoterico sfuma nel popolare: “L’effetto fregatura ha in effetti aleggiato a a lungo sullo Stadium [peccato l’assonanza stridente tra ‘effetto’ e ‘in effetti’]. Si parla ancora di ‘patimenti e lentezza’ che portano ‘a una vittoria in carrozza’. Insomma siamo più sul linguaggio barocco-immaginativo che su quello esoterico con apparentamenti del linguaggio popolare ma in realtà raffinati come ‘si è impapocchiato’ ‘una zuccata buona’ fino alla solita allusione semi-sessuale ‘l’impotente’ Laurini e in conclusione al ritorno ad una strepitosa metafora che riporta il testo al suo originale impianto esoterico: “benché per segnare abbia avuto bisogno di una triangolazione con la traversa e le mani dello sfortunato…’
Mi resta solo da riportare un osservazione che già avevo espressa in fb nella felice conclusione della vicenda dello stadio di Roma: Meditazione.
Evviva! La città più bella del mondo e capitale dell”Itaglia’ contemporanea, grazie al cielo si consegna compiaciuta in mano alle curve Sud. Ma vi rendete conto? La magnificentia del lusso decide orgogliosa di darsi un nuovo luogo dove recitare i riti essenziali del panem et circenses. Con orgoglio la sindachina annuncia con sorriso complice che si farà il nuovo stadio. A questo punto resta solo un passo decisivo. Subito siano fatti senatori i tassisti e tifosi mentre il boccoluto padrone delle 5 stelle soddisfatto penserà alla prossima mossa. Trasformarsi nella stessa Virginia così farà meno fatica a governare.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it