DIARIO IN PUBBLICO
Il Lido franto (ovvero: L’urlo e il ricordo/2)
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Giustamente mi si chiede perché insista a recarmi al Lido degli Estensi se lo trovo così franto e invivibile. In primo luogo l’età. Son finiti i tempi gloriosi – per 25 anni ogni estate!!! – quando ci recavamo a Lipari a passare luminose vacanze e dove anche il mare m’incatenava con le sue sirene e prima d’allora le vacanze versiliesi dell’adolescenza e della giovinezza.
E al Lido negli anni Sessanta ci si arrivava muniti di provviste e le colazioni tra le dune avevano un suo fascino; poi la perversa e folle speculazione edilizia le cui tracce – una Pompei di rovine – ci accolgono ad ogni angolo.
In secondo luogo perché lì possiedo una casa. E su questo non si discute, helas!
Così ier sera aspettavo con impazienza l’inizio delle danze. Immancabilmente l’urlatore del ‘siete bellissimi!’ ha tenuto la scena ma allo scader della mezzanotte, novello Cenerentolo, ha abbandonato il palco.
Tra l’odor di fritto e di olii solari sfilava la gioventù del loco e mira ed è mirata. I calzoni dei maschietti scendevan sempre più giù pericolosamente; quelli delle belle si riducevano ad un tanga anni Novanta.
Nel pomeriggio mi inietto una buona dose di ricostituente e riascolto e rivedo lei, la Divina, la MIA Maria Callas mentre canta ‘L’amour est un oiseau rebelle’ ‘Casta diva’, ‘Follie, follie’ e Aida e altri capolavori.
Quel viso che ricorda la suprema indifferenza delle statue greche s’anima all’improvviso e la voce celestiale intona il canto, consolazione suprema alla miseria del presente. Gli occhi bistrati, le folte sopracciglia, la grande bocca rivelano il desiderio dell’assoluto. Le braccia si stringono alle spalle perfette e la stola si apre a rivelare meravigliosi gioielli e il viso s’illumina del misterioso sorriso degli dèi.
Solo la musica è capace di questa trasmutazione del reale in utopia e per fortuna i miei miti, si chiamino Edith Piaf o Marta Argerich o lei la Divina ho avuto il grande privilegio di ascoltare di vedere.
S’attenua quindi l’urlo umano e dei gabbiani. La mente corre a ricordare quanto la mia vita sia stata fortunata ma… ma… all’uscita della farmacia dove un rumeno chiede un soldo escono bestie umane che urlano “vallo a mangiare al tuo paese il panino!” mentre le pittate e orrende grassone della terza età che affollano il viale approvano soddisfatte.
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Gianni Venturi
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