La farsa ‘regalizia’ si sta per concludere. Folle assatanate, me compreso, corrono (per fortuna) a comprare, con un sorriso apparentemente dolce e comprensivo sulle labbra mentre allungano 10 cent al ‘negro’ di guardia fuori dai supermercati o ai ragazzi che forsennatamente suonano per raccattare qualche soldo. Per fortuna le librerie traboccano di acquirenti, mentre vengono scaricati a ritmo continuo copie su copie de ‘L’amica geniale’ e io, quasi di nascosto, prendo un volume dalla pila intatta di ‘Tunnel’ di Yehoshua, anzi due, per regalarlo ad amici intelligenti. Alla tv m’imbatto fortunosamente in un film bellissimo ‘L’uomo che inventò il Natale’, dove si racconta la nascita di un capolavoro ‘A Christmas Carol’ di Dickens. Mai letto. Lo trovo in libreria e comincia così la mia lettura natalizia, mentre Scrooge popola i miei giorni nella rancorosa e ingrata ‘Ferara’. Non riuscivo, fino a oggi, a capire uno dei temi fondamentali della poetica di Bassani: conoscere Ferrara lo puoi fare standotene fuori. Purtroppo per me ci sono tornato; così Ferrara ineluttabilmente si è trasformata in ‘Ferara’. E ne ho pagato le conseguenze. D’altronde nel continuo flusso del tempo, quando cerchi di afferrarli, per capirne il senso, le cose, le persone, i problemi cambiano. Di ora in ora. E tu rimani lì col dito sulla tastiera a battere una parola, un pensiero che nel flusso della scrittura ti si cambia, diventa un fantasma coì come nella notte fosca Scrooge vede transitare nel cielo i fantasmi di tutti i Marley col carico delle loro colpe.
A questo punto come sarà il tempo dell’attesa? Chi ringraziare? Chi evitare?
Probabilmente non basterà il computo dei giorni. Perciò è ora di tirare i remi in barca; di ammettere anche se non lo vorrei che ciò che ho fatto – se l’ho fatto – per questa città dura, come scrive Malherbe, l’“espace d’un matin”:
Mais elle était du monde où les plus belles choses
Ont le pire destin,
Et rose, elle a vécu ce que vivent les roses
L’espace d’un matin.
Ma lei era di quel mondo dove le più belle cose
Hanno il peggior destino,
E rosa, lei ha vissuto quel che vivono le rose
Lo spazio d’un mattino.
E’ certo che comunque, secondo la regola democratica, ogni movimento o scelta o condivisione debba passare sotto l’implacabile legge del controllo politico. Vale ancora questo principio? L’attuale situazione italiana sembra metterlo in dubbio e fortemente. Perfino quella parte a cui sempre mi sono rivolto vacilla ed emette ‘suspiria’ strani, incomprensibili. Specie in città.
Che fare allora?
Rinunciare a un ruolo pubblico, ammettere che le tue idee servono solo se vengono accettate dal sistema? E’ così che accade per l’economia, per l’accademia, per la società, così che il nostro lavoro di maestrini dalla penna rossa deve essere in qualche modo subordinato o perlomeno approvato. Potremo meritarci in tal modo la condanna e il titolo tra il dispregiativo e l’inutile di ‘intellettuali’.
Cercherò di rallentare gli interventi pubblici, di concentrarmi solo su eventi fondamentali, di ritirarmi nella mia arca di studioso. In attesa poi che un pollice verso che arriva dall’alto dei cieli politici tenti di rendere inutile anche ciò che mi pertiene.
Così tra poco arriva la Befana:
La befana vien di notte
Con le scarpe tutte rotte
Se ne compra un altro paio
Con la penna e il calamaio
Chissà se, diventato Befanone saprò comprarmi anch’io un paio di scarpe (culturali) con la penna e il calamaio?
A ‘Ferara’ l’ardua (si fa per dire) sentenza.
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Gianni Venturi
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