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Non mi nasconderò sotto un nome, ma anch’io, al momento di dire la maledetta parola “cancro”, ho svicolato. Ecco allora “sarcoma”, che vela la crudezza di un nome fino a poco tempo fa non dicibile e che ora s’avvia a prendere il suo posto tra i tanti mali che ci affliggono senza remore di sorta, anche nel pronunciarlo. E la risposta – tanta dei lettori – mi ha confortato.

Baldanzosetto, m’avvio alla sala radiazioni, accolto dall’affettuosissimo “ciao Gianni” di tutto il reparto, mentre mi giunge una mail di plauso dal ‘capo’ che m’aspetta la settimana prossima.

A rendere più eccitante questo momento ecco mi si annunciano libri importanti: dalla nuova edizione della Antologia di Spoon River (La nave di Teseo, 2022) a I presocratici di Sergio Givone (Il Mulino, 2022).

Di entrambi e di altri darò opportuno rilievo nelle settimane a venire, ma non posso dimenticare come il libro di Edgar Lee Masters sia stato tra le pietre miliari della mia attività di critico entro lo studio ‘ matto e disperatissimo’ di Pavese.

Una nota d’amarezza però disturba questo momento: la risposta di Michela Murgia intervistata a Di martedì da Giovanni Floris. In un mio articolo ero partito proprio da lei per commentare la parola impropria di Saviano – “bastardi” – sull’operato di Salvini e Meloni e mi ero schierato con la Murgia sul ruolo degli scrittori/intellettuali in rapporto alla politica.

Ma ora che ho recuperato il pezzo televisivo della trasmissione di Floris, che non avevo visto in diretta, sono decisamente contrario alle affermazioni della scrittrice sarda. Così afferma Michela Murgia a Di Martedì: “Due entità perseguitano Saviano in questo momento: una è la camorra e l’altra è la presidente del Consiglio”. “Questo parallelo le verrà rinfacciato”, commenta Floris. Ed ha ragione da vendere.

Per anni abbiamo criticato certi atteggiamenti. Ora non si può né è lecito né è giusto avventurarsi in giudizi sbagliati e non coerenti. Peccato! Ma è caratteristica anche degli intellettuali riuscire a sbagliare per avventatezza o per prese di posizione.

Altrettanto contrario ad un’affermazione di Vittorio Sgarbi, che pretende un sovrintendente italiano alla guida della Scala. Così commenta il noto critico a proposito del sovrintendente Dominique Meyer della Scala:

“Sarà opportuno quindi – ha detto il sottosegretario – ripensare al rapporto tra il teatro, la creatività e il popolo, e anche valutare l’indicazione di un nuovo sovrintendente. Attenzione: nulla contro gli stranieri. Ma per quel che riguarda due simboli assoluti dell’Italia davanti al mondo, due valori nazionali, gli Uffizi, dove pure ha operato un ottimo direttore tedesco, e la Scala, non s’intende perché non si possa, anzi non si debba, indicare un italiano”.

Mi dispiace dover contraddire Sgarbi, ma questa affermazione mi sembra in totale contrasto con quanto ha sempre sostenuto e diffuso: il carattere internazionale della cultura che non ha bisogno di essere italiana o straniera.

Ier sera quindi con legittima curiosità mi appresto alla visione televisiva dell’opera alla Scala. La conoscevo nella versione Abbado, ma non è stata mai tra le mie preferite. Sono rimasto folgorato! Non solo per l’attualità dell’argomento e per il suo indubitabile rapporto con la situazione storica attuale dilaniata tra potere e ingiustizia.

E mi meraviglia l’opposizione di una parte, seppur non rilevante, degli ucraini, ma forse si può spiegare col fatto che non credo che l’attuale zar renderà accessibile ai russi le ragioni di questa scelta. Anche lui novello Boris farà di tutto per nascondere la verità.

Concludo con un accorato appello cioè di quanto sia o potrebbe essere pericolosa la rimozione della sublime arte russa che è fondamentale non solo per l’Europa ma per tutto il mondo. Chi potrebbe dirsi colto se non ha letto Tolstoj o Dostoevskij?

Perché la vera arte è semplicemente verità.

Per leggere tutti gli altri interventi di Gianni Venturi nella sua rubrica Diario in pubblico clicca  [Qui]

Cover: Teatro alla Scala di Milano (su licenza Wikimedia Commons)

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it