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Abbandonate le pianure infuocate dei Lidi ormai non più Laidi dopo che Caron Dimonio ne ha dimostrato necessità e sollievo, mi reco in un luogo montano a me carissimo, in Alto Adige. Allo Zum Engel di Vipiteno. La perfetta corrispondenza tra un Angelo e Caronte produce irrefrenabili citazioni dantesche, antichi ricordi di licei ben frequentati da parte dei più colti ospiti; altri invece si limitano a parlare di Dante meteorologo.
La stanza che occupo è una perfetta riproduzione del sentimento che ispirò un bellissimo film tratto da un ancor più suggestivo racconto: “Camera con vista”. Ma qui, invece di far spaziare lo sguardo sull’assoluto che solo Firenze può dare, il mio poggiolo dà sul cimitero. Ma non un cimitero qualsiasi, bensì quello che l’amatissimo Niccolò Ugo (anche Foscolo, se volete) sognava, simile a quello in cui le britanne vergini avrebbero dovuto pregare per la salvezza dell’eroe che contrastava la brutalità del tiranno Napoleone.

ugo foscolo
Ugo Foscolo

Le fontane versando acque lustrali
amaranti educavano e vïole
su la funebre zolla; e chi sedea
a libar latte o a raccontar sue pene
ai cari estinti, una fragranza intorno
sentía qual d’aura de’ beati Elisi.
Pietosa insania che fa cari gli orti
de’ suburbani avelli alle britanne
vergini, dove le conduce amore
della perduta madre, ove clementi
pregaro i Geni del ritorno al prode
che tronca fe’ la trïonfata nave
del maggior pino, e si scavò la bara.

Ecco. Dopo aver per anni studiato la funzione e l’estetica dei cosiddetti “giardini inglesi” me ne trovo uno davanti costellato di lucine rosse e di fiori ordinatissimi, circondato da montagne imponenti coperte di boschi e di campi che la pioggia serotina rinverdisce e fa brillare. E spiare il gioco della luce che s’insinua tra i gerani del balcone ha un che d’antico e di rassicurante.
Il rito della SPA è perfetto. Dotati di accappatoi ricamati, ciabatte di spugna, telo a righe, con ormai serena perizia si apre la porta della sauna. Tavoli di tisane, thè, mele di campo, acque zuccherate attendono i penitenti pronti a entrare nell’inferno dei vari tipi di essudazione. La differenza è nettissima. Mentre, come sarebbe obbligo, gli ospiti nordici si spogliano di ogni vestimento, gli italiani pudicamente si stringono al petto il telo da cui spuntano costumi e mutande. Ma noi sappiam bene come siamo sensibili al pudore! Scoprire le pudenda? Giammai! Insultare migranti e zingari, defecare in luoghi riparati, ma centrali, vomitare il surplus di alcool, beh quello non è impudico. Ma mostrare come siamo fatti: quello proprio no!
Poi te li ritrovi agghindati al sommo e più importante rituale della giornata: la cena.
Già dal mattino la discussione tra i tavoli risulta animata. Cosa scegliere tra le cinque portate che compongono la cena? Problemi che non si pongono tra i colossali ciclisti che scalano montagne e che al fine non disdegnerebbero replicare il tutto. Ma per i delicati/delicate? Cosa non gradire? Quale sarà l’opinione dell’elegante signora al tavolo accanto che se pur non possiede una Birkin d’Hermès, segno assoluto del potere e dell’eleganza, sfoggia con nonchlance tutto un pullulare di marche e di marchi (nel significato precedente agli euri). Perciò tra sguardi un po’ malinconici di non più giovani signori dal colletto della t-shirt rigorosamente alzato si opta tra antipasto e primo, tra dolce e secondo, lodando la cucina e la bontà dei piatti.
Talvolta arrivano folate di discorsi lasciate a mezz’aria. “Certo, l’Italia si dovrebbe fermare al di sopra di Firenze”. “Lasciamo stare i sindacati”. “Ma è giusto che ce li dobbiamo trovare in casa?”
Saresti pronto a ribattere. Poi pensi all’invito del nostro capo del governo “stai sereno” e allora ti rifugi in terrazzo a guardare le lucine rosse, i fiori, la perfetta bellezza di una natura che ci dà tanto di più di quello che noi, gente avara, non sappiamo ricambiare e, mormorando i versi di Niccolò, ci addormentiamo sapendo che la bellezza è verità:
[…] A noi/morte apparecchi riposato albergo,/ove una volta la fortuna cessi/dalle vendette, e l’amistà raccolga/non di tesori eredità, ma caldi sensi e di liberal carme l’esempio.”

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it