Corrono tutti a soddisfare quell’esigenza che nel detto popolare si può riassumere “chi più ne ha, più ne metta”. E in progetti culturali sembra che Ferrara, almeno in questo, abbondi. Così tra fontane danzanti, concerti e donazioni sembrava che in Castello si riassumesse quella ‘Ferraria Felix’ che fu un marchio, ma non solo quello, nel suo Rinascimento.
Venerdì 30 novembre e sabato 1 dicembre un impeccabile convegno a Palazzo Bonacossi, ‘Commentare le petrarchiste‘, esibiva il meglio dell’italianistica italiana.
Ma non basta.
Sempre sabato 1 dicembre nella Sala dei Comuni del Castello si è volta la cerimonia di donazione del fondo Ansaloni-Ravenna-Lanaro delle carte e di memorabilia appartenuti a Giorgio Bassani, fondatore e presidente di Italia Nostra, alla città di Ferrara. E nelle stesse ore a Palazzo Crema si presentava un ottimo libro sul Ghetto, ‘Per le vie del ghetto. Storia e luoghi della comunità ebraica di Ferrara‘ di Rita Castaldi, all’interno dell’Assemblea degli Amici dei Musei.
Il giorno prima il Convegno su Florestano Vancini metteva in luce le qualità del cinema del grande regista ferrarese.
Ma ancora non basta.
Martedì 4 dicembre al Ridotto del Teatro Comunale Claudio Abbado alle 11.30 verrà presentato il programma che chiuderà la sera del 10 dicembre – sempre in Teatro – il triennio delle celebrazioni ariostesche.
Ma non basta.
Le giornate sui pericoli dell’hiv alias aids, spiegati da illustri medici e scienziati di fama internazionale, che interessavano scuole e giovani si sono svolte in luoghi pubblici.
Ma non basta.
Il raduno generale dei rappresentanti dell’Ihra – International Holocaust remembrance alliance, 250 rappresentanti da tutto il mondo che sono stati invitati a una cena formidabile assolutamente kasher grazie all’aiuto dai 500 giovani dell’istituto alberghiero di Ferrara.
E poi?
Concerti, danze, conferenze, presentazione di libri.
Ma non basta.
Che dire delle sorti della Spal? Nella sofferta partita con l’Empoli si consumava il destino delle sue vacillanti sorti e nello stesso tempo il professor Zecchi in Castello regalava al Comune una raccolta di video che testimoniavano l’attività calcistica del padre e di una Spal d’antan.
Allora? La cultura aiuta a creare il senso di una città o di un territorio?
Sembrerebbe di sì. Eppure chi direttamente o indirettamente approva il ruolo della cultura è lo stesso che vota poi per la negazione di quella stessa cultura, tanto da definire sprezzantemente ‘radical chic’ o ancor peggio ‘lettore di giornali’ colui che sa che il progresso non può passare solo attraverso i social o l’adesione a programmi nati dall’‘ignoranza’, termine non spregiativo, ma usato nel suo senso primo di ‘non conoscenza’.
Il formidabile libro di Corrado Augias ‘Racconti parigini‘ testimonia attraverso testi di grandi scrittori il perché da Parigi parta sempre – almeno negli ultimi tre secoli – quell’appello a superare il presente ponendolo al vaglio della Ragione. E non è un caso che la rivolta dei ‘gilets jaunes’ riproponga ancora lì, a Parigi, il terribile tempo presente e la volontà di cambiarlo anche attraverso errori. E quali tremendi errori! Ma non va dimenticato che la nostra democrazia passa anche attraverso il Terrore e la tirannia napoleonica.
Così cautamente arriviamo alle prime presentazioni dei candidati alle prossime elezioni, fra un anno, del futuro sindaco di Ferrara.
E ancora una volta la complicanza della politica, gli abbracci, i rifiuti, le timide proposte e le violente negazioni ci espongono a un destino che forse desideriamo compiersi in modo diverso.
Un solo auspicio a questo punto ci preme mettere in evidenza. Chiunque reggerà le sorti della città estense non dimentichi per politica o per distrazione l’enorme patrimonio culturale che la città custodisce: montalianamente parafrasando “solo questo vogliamo”, che non è un pluralis maiestatis ma l’auspicio di, forse, pochi che vorremmo divenissero tanti.
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Gianni Venturi
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