Esattamente settantuno anni e settantuno giorni fa l’umanità entrò ufficialmente nell’era nucleare. Fu una data infausta, terribile: lo scoppio della prima bomba atomica che causò in un istante la morte di oltre centomila persone, praticamente tutti civili, nella città giapponese di Hiroshima!
E siccome non bastava, tre giorni dopo, l’evento fu replicato su Nagasaki con altrettante vittime, sempre civili!
Ciò coincise, come tutti sanno, con la resa del Giappone e la fine di una guerra mondiale durata sei anni, che era costata al mondo la bellezza di cinquantacinque milioni di morti, decine e decine di città rase al suolo e intere popolazioni ridotte alla fame, compresa la nostra.
Pertanto, i festeggiamenti generali, giustamente chiassosi e distraenti per la fine del conflitto mondiale, prevalsero sul silenzio tombale che ammorbava le macerie radioattive delle due città polverizzate da quei due simpaticoni… come si chiamavano? Little Boy e Fat Man, mi pare.
Quindi anche il Giappone millenario dei samurai, dell’arte della guerra, della morte nobile piuttosto che la resa disonorevole, venne piegato, anzi annientato, annichilito dalla più devastante forma di distruzione che si conosca.
E per l’uomo non fu più lo stesso.
Chi di noi non ha mai fatto i conti con la paura di una guerra nucleare? Questa paura è ormai entrata nel nostro dna, tanto che è diventato quasi normale parlarne, anzi mi correggo, non parlarne affatto. “Sì vabbé, tanto non succederà mai“, questo è il pensiero comune in tutti noi, che, come un antidoto riposto nella coscienza di ognuno, esorcizza questa nostra genetica e pur sacrosanta paura.
Eppure, cari miei, è successo! E adesso sappiamo pure che durante la guerra fredda siamo stati molte volte a un passo dall’abisso. E meno male che qualcuno pensò bene di distrarsi e distrarci da questo pensiero opprimente… Quindi grazie Elvis, grazie Hollywood, grazie Ringo, Paul e company, grazie vacanze a Riccione, grazie edonismo reaganiano… Grazie per avermi fatto vivere felice e inconsapevole, per avermi fatto ballare il rock mentre altrove si giocava a scacchi nucleari sulla mia testa!
E se dall’ottantanove, con la caduta del muro di Berlino, molti di noi hanno pensato che il peggio fosse passato… ebbene, abbiamo visto poi che così non è stato…
E’ di questi giorni la notizia di un possibile ritorno alla guerra fredda, e subito ritorna in auge nel pensiero latente l’incubo nucleare (se mai se ne fosse andato). Però stavolta che ce lo dicano chiaro e tondo: perché così, da adesso in poi, quando ballo voglio ballare come se non ci fosse un domani!
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Carlo Tassi
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