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Ferrara film corto festival

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In questa società liquida, magistralmente descritta da Bauman nei suoi libri, anche i partiti le cui origini risalgono al secolo scorso sono diventati liquidi, almeno quelli del campo progressista. In questa liquidità sociale la destra, invece, resta ancorata alla solidità della presenza sul campo, alla vicinanza fisica alle persone, al presidio del territorio. Hanno ascoltato gli umori delle persone e li hanno tradotti secondo la loro impostazione ideologica.
Mentre i partiti liquidi si ritiravano dal campo, loro sono rimasti, da qui il crescente consenso della destra. Insomma, è un po’ come nel passaggio dall’analogico al digitale: la sinistra è passata al digitale, la destra è rimasta all’analogico. Sembra, dunque, che in questo mondo liquido e digitale ci sia ancora molto bisogno di solidità, di presenza fisica, di vicinanza, di analogico. La destra lo ha capito e ha capitalizzato il consenso.
Diverso il discorso sul M5S. Nasce digitale, riempie prima le piazze virtuali del web, poi quelle reali delle città e torna nel mondo virtuale rivolgendosi prevalentemente ad un elettorato giovane, appunto la generazione digitale. Ogni tanto Beppe Grillo ha bisogno di radunare il popolo del web nelle piazze reali perché questo serve al movimento per tenere il polso al suo elettorato. E così via in un’andata e ritorno dal digitale all’analogico.

Il Pd e gli altri satelliti di sinistra, invece, hanno smobilitato sia nell’analogico che nel digitale. Ora, dopo la sconfitta, sembrano tentare di recuperare nell’uno e nell’altro campo, ma il ritardo accumulato nella conoscenza dei meccanismi di funzionamento digitale e l’essersi disabituati alla presenza in quello analogico sul terreno reale li fa essere in affanno, persino invisibili. Il massimo che riescono a fare e organizzare, male, flash mob, confondendo il flash con l’improvvisazione. Molto meglio quelli organizzati dal M5S che li ha inventati. E così si espongono ad un costante flash… flop che gratifica solo gli organizzatori. Tutto ciò, a mio parere, è il risultato di una chiusura nei palazzi del potere, soprattutto da parte del Pd partito di governo, con la convinzione di avere come missione prioritaria quella di stare all’interno delle compatibilità imposte dall’Europa sposando una logica più finanziaria che attenta allo stato sociale su cui l’Europa unita è nata per garantire pace e stabilità. Se si smantella lo stato sociale; non si fa una politica occupazionale seria, ma anzi si aboliscono le garanzie per un lavoro stabile; non si prevede una politica economia e industriale di lungo periodo; si smantella il sistema previdenziale allungando l’età pensionabile e quindi impedendo l’ingresso di forze giovani nel mondo del lavoro; si approva una legge Costituzionale sull’obbligo del pareggio di bilancio, come espressione lampante di una scelta di campo precisa dalla parte dei conti economici più che delle persone in carne ed ossa, è evidente che si è alzato un muro tra sé e la vita reale delle persone. Per lo meno della maggioranza delle persone. Perché tutto ciò a Confindustria e alle banche, invece, andava benissimo.

La conferma la si trova nelle nostre città. Basta fare un esperimento per rendersene conto: girate per le città e fate un censimento di quante sezioni dei partiti di sinistra trovate e quante di queste sono aperte come luogo di socialità. Una volta le sezioni di partito erano aperte tutti i giorni, soprattutto quelle dei partiti più grossi, Pci in testa. I compagni si ritrovavano a giocare a carte, a discutere, incontravano i dirigenti, scambiavano opinioni. Oggi non è più così. È più facile che troviate aperta una sezione della Lega, o che vi imbattiate, per quanto non possa piacervi, in gruppi di cittadini che cercano di presidiare il loro territorio contro il degrado (non chiamatele ronde, anche se la sinistra preferisce le etichette alla comprensione dei fenomeni) piuttosto che una sezione di uno qualsiasi dei partiti di sinistra, Pd in testa che in teoria dovrebbe essere quello con più risorse economiche da potersi permettere qualche sezione.

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dal 23 al 26 ottobre 2024
Quattro giorni di eventi internazionali dedicati al cinema indipendente, alle opere prime, all’innovazione e ai corti a tematica ambientale.

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Giuseppe Fornaro


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it