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da: ufficio stampa Verdi

“Una grande occasione persa per incrementare la conoscenza ed il rilievo internazionale del territorio protetto del Delta del Po emiliano-romagnolo e veneto.”

Con queste parole la consigliera regionale dei Verdi Gabriella Meo ha commentato la bocciatura da parte dell’Unesco della proposta avanzata dalle due Regioni adriatiche di inserire il Delta del Po nel network mondiale delle Riserve della Biosfera.

“Il Comitato Internazionale di Coordinamento dell’Unesco, che riunisce ogni anno i rappresentanti di 34 stati membri, ha evidentemente ritenuto poco credibile l’intenzione di gestire in maniera unitaria un’area naturale molto vasta in cui, secondo la Legge quadro sui Parchi (L. 394/91), le due Regioni avrebbero dovuto istituire un Parco interregionale già nel 1993 o, in mancanza di questa intesa, il Ministero dell’Ambiente avrebbe dovuto istituirvi un Parco Nazionale.”

“Invece – continua Meo – si è preferito realizzare due distinti Parchi regionali con norme di protezione differenti e con la pianificazione territoriale che, a distanza di 26 anni dalla creazione del Parco regionale in Emilia-Romagna, non è stata ancora completata. Anche un mio ordine del giorno, approvato nel 2011 e che impegnava la Giunta regionale ad aprire in tempi rapidi un tavolo di confronto con la Regione Veneto e con il Ministero dell’Ambiente per riavviare il percorso finalizzato all’istituzione del Parco interregionale del Delta del Po, è rimasto lettera morta.”

“E’ chiaro – continua l’esponente ecologista – che l’Unesco non ha valutato negativamente il Delta del Po, un’area di 139.000 ettari tra le più ricche di biodiversità a livello internazionale in cui è presente la più vasta estensione di zone umide protette d’Italia che ospitano decine di habitat e centinaia di specie floristiche e faunistiche, anche di interesse comunitario, ma le motivazioni alla base del progetto candidato dagli Enti locali.”

“Si tratta, infatti, di un’operazione di marketing turistico-territoriale avviata in pochi mesi in vista dell’Expo del prossimo anno, un’operazione di corto respiro che non ha tanto a cuore la conservazione della biodiversità e l’uso sostenibile delle risorse, quanto l’utilizzo di una ventina di milioni di euro di fondi pubblici.”

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