Skip to main content

Là, dove si bruciano i libri, si finisce col bruciare anche gli uomini. Heinrich Heine

E’ sempre un gran brutto segno quando si bruciano i libri. E non solo nei falò e nei roghi, ma anche metaforicamente, con le liste nere degli autori scomodi, con la censura di quegli scrittori che hanno esercitato la piena libertà di espressione rivendicando il diritto di pensiero con la fantasia, la formulazione di ragionamenti e riflessioni, l’esposizione di storie, fatti e circostanze da ‘occultare’ al popolo dei lettori perché ritenute ‘pericolose’.
Una nefasta pratica voluta e ordinata da autorità politiche e religiose sulla spinta del fanatismo ideologico, della visione ristretta che passa per rigore morale, dell’odio. I roghi dei libri e la distruzione delle biblioteche, pratiche del passato e di un presente più recente, mirano all’estinzione della storia precedente come fosse un’azione di pulizia intellettuale, l’annullamento del pensiero scomodo che incombe su governi e organizzazioni restrittive. Il fuoco non lascia niente dietro di sé se non cenere; nessuna traccia sulla quale poter ricostruire le testimonianze del passato.

I roghi di libri nella storia sono numerosi. Nel 212 a.C. in Cina, durante il regno dello spietato Quin Shi Huang vennero bruciati numerosissimi libri antichi e assassinati 460 accademici; chiunque si opponesse all’ordine veniva sepolto vivo. Scamparono al fuoco solo i testi di pratiche magiche e i manuali tecnici. L’imperatore fece scrivere: “Io ho apportato l’ordine alla folla degli esseri e sottomesso alla prova gli atti e la realtà. Ogni cosa ha il nome che le conviene. Io ho distrutto nell’impero i libri inutili. Io ho favorito le scienze occulte, affinchè si cercasse per me, nel Paese, la droga dell’immortalità.” Nel 292, secondo testimonianze, furono dati al fuoco i libri di alchimia dell’enciclopedia di Alessandria e nel 642 venne distrutta l’intera biblioteca su ordine del califfo Omar, conquistatore d’Egitto. Nel 1497 a Firenze, Girolamo Savonarola ordinò un imponente rogo di libri e opere artistiche di grande valore, passato alla storia col nome di ‘Falò delle vanità‘, perché ritenuto materiale immorale. Durante l’Inquisizione subirono la stessa sorte i manoscritti delle popolazioni Maya e Aztechi e all’inizio del 1500, in Andalusia, venne emanato l’ordine di consegnare alle autorità castigliane i libri scritti in lingua araba e, tranne quelli riguardanti la medicina, la storia e la filosofia, furono distrutti col fuoco. Nello stesso secolo, era il 1553, Papa Giulio II fece ardere le copie del Talmud in un grande falò. Ma è la distruzione dei libri nella Germania nazista, che ci accosta più da vicino al vero significato del rogo: numerosi roghi in tutto il Reich, organizzati tra il 1930 e il 1945 per incenerire le opere di oppositori politici, scrittori considerati immorali, nemici del regime anche solo per le loro origini etniche. Tra i più significativi, quello avvenuto nella Bebelplatz a Berlino il 10 maggio 1933. Le opere di Brecht, Heinirch e Thomas Mann, Dȍblin, Joseph Roth, Simmel, Adorno, Bloch, Hannah Arendt, Edith Stein, Freud e moltissimi altri scrittori e artisti furono messe al bando e fatte scomparire tra le fiamme del fuoco appiccato ai camion cosparsi di benzina, che li trasportavano. Il sindaco di Berlino inaugurò l’evento, dando alla cerimonia carattere ufficiale, quasi religioso. Dopo il 1933 è il deserto culturale, la diaspora dell’intelligenza tedesca e il più massiccio esodo di intellettuali che la storia moderna abbia mai conosciuto. Ed è storia dei nostri giorni quella del 1961, nella nostra Italia democristiana, quando nel cortile della Procura di Varese avviene l’ultimo rogo improvvisato di libri, per disposizione legale: si trattava della condanna per oscenità dell’opera del marchese de Sade ‘Storielle, racconti e raccontini’, pubblicata nel 1957. I libri ‘proibiti’ furono sequestrati e bruciati; l’editore, l’illustratore e alcuni librai in possesso del volume furono sottoposti a processo. Negli atti venne scritto: “ E non vi è dubbio che tali racconti sia per il linguaggio usato, sia per la natura dei fatti narrati, feriscano il senso di pudore, della decenza e di più intimi sentimenti morali”. In Cile e in Argentina, i libri tra le fiamme confermarono la volontà golpista di annientare la libertà di pensiero ed espressione per rafforzare la dittatura, indicatori di una morsa che stritolava i Paesi: in Cile, nel 1973 dopo il golpe di Augusto Pinochet, e in Argentina nel 1976, per mano dell’ufficiale Menèdez, membro della giunta Vandela. Sparirono nel rogo le opere di Proust, Garcia Marquez, Neruda, Saint-Exupèry, Vargas Llosa e molti altri, con la motivazione: “Con il fine che non rimanga nessuna parte di questi libri, opuscoli, riviste, perché con questo materiale non si continui a ingannare i nostri figli.” Un rogo singolare e particolarmente doloroso fu quello della notte del 25 agosto 1992 in una Sarajevo stremata dalla guerra e dall’assedio: i cannoni nazionalisti serbi distrussero con i loro colpi l’edificio che custodiva la storia di 600 anni di convivenza: 1,5 milioni di libri, 155.000 libri rari e manoscritti. Nel violento incendio che seguì lo scoppio delle granate, molti bibliotecari e cittadini tentarono di salvare i volumi sotto il tiro dei cecchini; la bibliotecaria Aida Buturovič perse la vita.
E la triste sequenza di roghi, inarrestabile, raggiunge anche il 2015, quando, secondo le fonti, sono stati bruciati circa 2000 libri dall’Isis perché non considerati ‘islamicamente corrispondenti’. Tra essi, testi per bambini, di diritto, poesia, filosofia, salute, scienza, prelevati dalla grande biblioteca di Mosul, dall’università, dalla biblioteca musulmana sunnita, da quella della Chiesa Latina e dal convento dei Padri Domenicani che possedevano testi antichi preziosi.

Oggi l’indice puntato della censura dei governi riguarda il ‘troppo ateo’, ‘troppo transgender’, ‘troppo religioso’, ‘troppo espicito’. Qual è l’esatto confine tra eccesso di pudore e censura, tra controllo preventivo e condizionamento, tra fobie infondate e ragionevolezza? Vedremo altri roghi con le avventure di Herry Potter in testa, una delle serie di libri più ostacolati negli Usa e in Arabia Saudita, per istigazione alla stregoneria?

sostieni periscopio

Sostieni periscopio!

tag:

Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it