“Dal vescovo Negri un’idea di religione che allontana e crea muri”
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Anatemi monsignore, dogmi, ordini ed imposizioni, io che sono un senza Dio condannato alle fiamme perenni non posso parlare di religione e religiosità, ma purtroppo lo faccio. Il suo capo monsignore, non sarebbe contento di lei, le posizioni del suo titolare sono molto, ma molto più legate alla tolleranza della Francescanità rispetto ai suoi moniti truculenti ed impositivi. Si chiama dialogo, tolleranza, che si antepone all’integralismo che non uccide di propria mano, ma che rimanda ad una condanna eterna, eseguita direttamente dall’eterno. Come possono le sue posizioni medioevali, legate ad una chiesa della sacra inquisizione, dove le streghe erano bruciate nelle feste popolari, dove i diversi, i pensanti, i deboli, venivano schiacciati tra le macine di una sacralità confusa col privilegio dove, il peccato dei potenti veniva mondato con la confessione, mentre il peccatuccio o la venialità dei poveri veniva mondato col sangue. Vede monsignore, il mondo cambia le ideologie non esistono più (e per molti questo è un bene, non per me), ed il concetto di religione da est a ovest diventa sempre più intransigente ed unilaterale, leggi sacre, divinità potenti che non si fanno uomini, ma che governano la vita degli uomini. Io monsignore penso che le parole di quel giovane palestinese nato duemila anni fa non siano quelle che lei utilizza, sono molto più simili a quelle del suo capo, che lei non ascolta o traduce in modo errato, sono amore, tolleranza, rispetto, condivisione, unicità nelle diversità, contatto con le persone, vita anche eterna ma non solo. Monsignore, prima di ricercare le pagliuzze, controlli le travi che sostengono un’idea di religione che allontana e non avvicina, che crea muri e non li distrugge, che confonde i reati con i peccati e viceversa. Monsignore, stia sereno e scagli la prima pietra se lei è senza peccato, altrimenti impari ad ascoltare ed a tollerare, perché la sua mansione, credo, sia quella di pastore e non di lupo.
Cristiano Mazzoni (Ferrara)

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Riceviamo e pubblichiamo
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani