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di Lorenzo Bissi

Partire dalle parole pronunciate da Papa Francesco, ma anche dai suoi silenziosi gesti, non per questo di minore importanza, per riflettere dal punto di vista teologico e storico sull’apertura del diaconato alle donne. Senza quelle parole e quei gesti serate come quelle di venerdì presso la Sala della Musica del Chiostro di San Paolo forse non avrebbero luogo.
Il padre priore di Fonte Avellana, Gianni Giacomelli, e la teologa Selene Zorzi, sono stati ospiti di un incontro sull’importanza del principio femminile nella Chiesa e nel mondo, organizzato dal Gruppo di Preghiera per Papa Francesco e le sue intenzioni.
Padre Giacomelli è stato il primo a prendere la parola: “Per duemila anni è stato custodito e vergognosamente celato un segreto sulla Lettera agli Ebrei del Nuovo Testamento: essa afferma che non esistono dei sacerdoti nella Chiesa, ma che il Sacerdote era solo uno, cioè Cristo” ha affermato. Papa Francesco, per Giacomelli, è il primo a dimostrare che il presbiterato è unicamente un magistero, un compito di mediazione fra Cristo e i fedeli, come dimostrerebbe il fatto che il giorno delle sue elezioni ha indossato la stola solo per la benedizione e se l’è immediatamente tolta appena conclusa la funzione. Il servizio del sacerdozio non coincide in nulla con l’identità della persona che la svolge, ecco perché chiunque, sia esso maschio o femmina, ha il diritto di essere ordinato.
Padre Giacomelli ha poi usato la storia e le sue fonti, iscrizioni e documenti, ma anche i testi sacri per enumerare al pubblico presente reali prove dell’esistenza, in passato nella Chiesa primitiva, di “diaconesse”.
Il priore ha concluso che “la dottrina non è un dogma, ma un fatto culturale, un fatto storico” che ha subito un’evoluzione negli anni. Ed è interessante constatare come, più ci si allontani dalla cultura romano-latina, andando verso nord, nel mondo celtico, germanico e anglosassone, più “il numero di prove che evidenziano la presenza di diaconesse nel passato aumenti considerevolmente”. In altre parole il priore ‘secolarizza’ la dottrina: “Le scritture devono essere un supporto, non degli assiomi”. E se un documento che definisca un dogma è illegittimo, come è illegittimo attribuirsi l’infallibilità, “l’Ordinatio Sacerdotalis di Giovanni Paolo II, che negava l’ordinazione femminile è illegittimo”.

Pur concordando con le riflessioni storiche di padre Giacomelli, Selene Zorzi ha trattato l’aspetto più tecnico del tema dell’apertura del diaconato alle donne, in particolare si è concentrata sulla teoria dell’In Persona Christi, in base alla quale non si concede alle donne di celebrare messa poiché Dio ha scelto di incarnarsi nel corpo di uomo, Cristo. La teologa ha sottolineato che “da Cristo siamo stati tutti battezzati perché è morto in Croce e non perché era maschio”. Inoltre ha evidenziato il fatto che “Giovanni Paolo II ha attribuito l’In persona Christi solo al presbiterato e all’episcopato, non al diaconato”: un ulteriore argomento insomma per pensare di ordinare anche le donne.

La Commissione di studio sul ruolo delle diaconesse nella Chiesa primitiva voluta da Papa Francesco è dunque un primo passo per rispondere alle domande: è giusto per una donna lottare per avere un’ordinazione solo perché, svuotata dell’In persona Christi, è meno prestigiosa? E anche non considerando le prove che confutano l’ordinazione esclusivamente maschile nella storia, è ammissibile che il passato debba continuare a dettare il nostro futuro? Una cosa è certa: le donne chiedono e hanno bisogno di spazio, anche all’interno della Chiesa: dopotutto Gesù è stato partorito da una donna. Come scrive Dante:
“Vergine madre, figlia del tuo Figlio […] / Tu se’ colei che l’umana natura/ Nobilitasti sì, che il suo Fattore/ Non disdegnò di farsi sua fattura”.

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Redazione di Periscopio



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