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Di Maio per la domenica del Signore e contro la globalizzazione? Fa pensare a Don Chisciotte e alla sua battaglia contro i mulini a vento.
Ma si può andare così contro corrente? È lecito fermarsi a ragionare, prendersi una pausa, guardarsi indietro in pieno anno 2018, quando tutto sembra ineluttabile, quando i valori non sono più l’aggregazione, gli spazi comuni, filosofici, di discussione ma la corsa sfrenata all’acquisto, al consumo, all’ultimo iphone, ma anche al prodotto equo solidale che fa tendenza al pari della maglietta di Louis Vuitton o delle scarpe della Nike?

Data la difficoltà quando si affrontano tali discorsi, è utile capire prima di tutto e fin da subito dalla parte di chi si vuole stare, se con chi ci vede solo come consumatori o con chi ancora sente qualche pulsione umana. Non è scelta facile, ma necessaria.
È chiaro che se riteniamo di essere dalla parte dell’1% della popolazione che trae profitto anche dall’aria che respiriamo, allora va tutto bene. Se, invece, vogliamo provare a essere dalla parte del restante 99% della popolazione, quello che per mangiare deve lavorare, inventare, darsi da fare con continuità, ecco – solo in questo caso – possiamo andare avanti e porci la domanda successiva.
E’ utile rimanere aperti la domenica, a Pasqua, a Natale e ventiquattro ore al giorno? A cosa o a chi serve?
Probabilmente la risposta è da ricercare nel fatto che l’essere umano ha subìto, e sta ancora subendo, una trasformazione. È passato attraverso la lotta per diventare parte del processo decisionale, diventare cittadino, poter dire la sua facendo rivoluzioni anche terribili in termini di costi di vite umane fino a regredire al livello primordiale di consumatore. Dal “cogito ergo sum” allo “spendo quindi conto qualcosa” per l’esercente di turno.
Addirittura quando si spende ci si sente meglio. Tutti avranno provato quella sensazione di benessere interiore, di soddisfazione, dopo aver comprato la maglietta del momento, perché in fondo tutti meritiamo di fare del sano shopping, di spendere un po’ di soldi in cose anche non proprio necessarie, ma che comunque riteniamo ci spettino, dopo la nostra settimana di lavoro, le ore di straordinario in ufficio, il mese di sopportazione del capo dipartimento.
Poi in realtà potremmo scoprire che quella sensazione è dovuta al fatto che l’acquisto è il risultato di continue pressioni psicologiche attraverso la pubblicità, interruzioni continue dei film, delle trasmissioni televisive o della radio che si ascolta quasi distrattamente in auto, ma i cui messaggi entrano nelle nostre teste e lì stazionano fino alla liberazione che si ottiene appunto con l’adempimento della missione indotta: l’acquisto.

Ci siamo lasciati dietro il Medioevo per l’Illuminismo, in cui si portava la centralità sull’ingegno, sulla ricerca scientifica, sulla voglia di provare e dare spiegazioni. Abbiamo detto basta ai sovrani, che imponevano e non spiegavano, per intraprendere un percorso di circa tre secoli alla ricerca della libertà.
Siamo passati dal desiderio di lasciarci dietro l’accettazione medievale degli eventi per attraversare il Secolo dei Lumi, perché volevamo sperimentare, industrializzarci, cercare la giusta via economica e sociale. Abbiamo steso cavi sotto l’oceano per mettere in comunicazione i mondi, superato due guerre mondiali e i figli dei fiori. Abbiamo visto i salari crescere, il superamento delle classi e la speranza a portata di tutti, la democrazia assaporata dagli operai… e poi ci siamo fermati.

Da quei desideri di libertà ed emancipazione, di miglioramento e crescita umana, siamo tornati ad accettare per fede le politiche economiche, anche se ci costano vita e dignità, a non voler più sperimentare e ascoltare voci nuove, a dimenticare quei cavi sotto l’oceano per affidarci alla comunicazione di massa pilotata e precostituita, ai salari stagnanti e alla disoccupazione strutturale, a un mondo dove agli operai non resta che affidarsi a Marchionne, tipico esempio di imprenditore ottocentesco e quindi di ritorno al passato.
Abbiamo fatto tanta strada per poi girare e ritornare al punto di partenza.

Negli Stati Uniti i giornali ci dicono che la classe media vive di lavoro senza riposo, e che nonostante laurea e lavoro dignitoso è costretta a lasciare i figli 24 ore al giorno, che questi festeggiano i compleanni alle 2 di notte con degli estranei perché i genitori sono sottoposti a orari di lavoro assurdi, a essere produttivi ai limiti della logica, ma molto poco, ovviamente, per sé stessi.
Ritorna prepotentemente la disuguaglianza, non solo e non più misurata solo finanziariamente, ma anche come disponibilità di tempo a disposizione. Poche persone ricche di soldi e di tempo e tanti che tendono alla povertà. 85 uomini che possiedono quanto 3,5 miliardi di persone, multinazionali che impongono l’agenda agli Stati, sovrani/presidenti che decidono di spendere in una notte 40 milioni di dollari in tomahawk per un bombardamento estemporaneo in Siria mentre affermano di non avere soldi per rimettere a posto scuole, ospedali o fornire servizi ai propri cittadini. E la ‘gente’ senza più emancipazione ci crede e non vede la contraddizione.

I nuovi sovrani che non girano più in carrozza, se non per la gioia dei turisti, arrivano nelle città protetti, circondati dall’alone di potenza e potere e vendono la loro inutilità ad altri che vorrebbero essere come loro. Lo ha fatto Blair, lo fa Obama e adesso anche Renzi. Tolgono la cravatta per puro senso dello show e vengono imitati creando la finzione dell’essere fuori dagli schemi e di essere uguali a noi. Tutti strumenti di controllo del consenso e per il dio danaro.
E perché tutto questo sia possibile dobbiamo perdere la nostra qualità di persone, di cittadini, di uomini liberi che decidono, e lo dobbiamo fare senza che ce lo chiedano altrimenti ce ne accorgeremmo e sarebbe difficile farci di nuovo accettare le carrozze per strada e le corone in vista, ma ci stiamo arrivando, il processo all’indietro è sempre più veloce.

Il potere passa attraverso la nostra perdita di identità, il nostro crescere come gente, massa, lontano dai riflettori della conoscenza e attraverso la limitazione delle scelte fino alla falsa scelta, quella che lo sembra, gli assomiglia, ma è obbligata, non è vera scelta.
La domenica dobbiamo scegliere tra il supermercato dove compriamo esattamente quello che ci mettono a disposizione, deliziandoci a osservare la varietà di prodotti praticamente uguali che però arrivano da tutte le parti del mondo o almeno così sembra. Si può infatti scoprire che la maggior parte dei prodotti fanno magari capo a una manciata di società finanziarie/multinazionali che spostano le loro produzioni dove più conviene al profitto dando l’impressione che le merci provengano “da tutte le parti del mondo” e che siano diverse.
Certo è libertà di scelta andare al supermercato quando è alternativa alla televisione, che ci tempesta di quelle trasmissioni dove qualcuno vince qualche premio, del calcio, delle discussioni sul nulla nei talk show o delle giornate a reti unificate dei programmi sulla ricetta e il cuoco di turno.

Non pensare, essere sempre occupati con la sensazione di avere tutto a disposizione e alla propria portata. Alla fine non ci arrabbiamo anche se l’ospedale non funziona, la prenotazione arriva tardissimo, la strada è rotta, la scuola ci cade in testa. Leggiamo qualche giornale con le previsioni economiche sbagliate, i nuovi acquisti della Roma, l’immondizia e la Raggi, l’ennesimo scandalo di corruzione che ci toglie soldi per lo sviluppo e via… abbiamo tutto a disposizione, quindi non abbiamo problemi. Tranne forse la mancanza degli spazi per aggregare, fare comunità, incontrarsi gratis e di persona lasciando a casa facebook. Essere amici davvero, condividere un poco di umanità.
Questo no, ma ci danno i negozi aperti. Sempre. E ci sembra persino più grave trovare il supermercato chiuso la domenica che avere una prenotazione specialistica con 6 mesi di ritardo. Beh questa è civiltà, poter comprare il latte in ogni momento anche alle 3 di notte e non ha importanza che quando incontri qualcuno tra le birre e le patatine ha sempre troppa fretta e troppe cose da fare per farti un saluto che comprenda due parole in più di un ciao.

Il negozio aperto di domenica è come il grande vantaggio dell’euro: vai in Francia senza dover passare prima per il cambiavalute! Perdi più di quello che guadagni ma non te ne accorgi.

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it