Siamo nel cuore dell’edonismo estivo, tra agritur e baite di montagna, lidi marini e riviere affollate, voli e crociere, soggiorni all’estero e nelle campagne italiane tra girasoli e lavanda. Ombrelloni, bastoncini da nordic walking, zaini, corde e moschettoni, materassini gonfiabili e giochi da spiaggia. Più o meno sereni, forse rilassati, senz’altro lontani dai pensieri che tormentano la quotidianità nel resto dell’anno. Ma la cronaca non si ferma, la cronaca non conosce né ferie né soste. Scorre come sempre nei titoli dei quotidiani, fra le righe degli articoli che individuano, focalizzano, spiegano, approfondiscono le miserie umane e vanno a turbare lo stato di grazia che apparentemente solo la libertà estiva sa produrre. Ci riferisce di esistenze umane contrassegnate da gesti estremi, dove il conflitto sfocia nel delitto con una facilità esorbitante e una scansione non più sporadica. Ci raggiunge con quelle parole, “omicidio passionale”, “dramma della gelosia”, “raptus di follia” che non sono altro che grandi contenitori di un unico drammatico sunto: la progressiva corrosione della volontà e della capacità di elaborazione in presenza di quei fatti della vita che minano le nostre fondamenta e che potrebbero toccare chiunque. Storie di donne, storie della morte di donne. Le passioni ci accompagnano e determinano la nostra condotta opponendosi alla razionalità ma siamo molto lontani dalle grandi tragedie shakespeariane dell’Otello, Re Lear, Giulietta e Romeo, Macbeth, dove la morte diventa una sorta di compimento rassegnato e ineludibile dell’amore. Siamo lontani anche da Paolo e Francesca nell’opera dantesca dove il conflitto tra precetto morale e passione, due forze invincibili, genera la fine fisica dei protagonisti suscitando la comprensione del Poeta, oppure Tristano e Isotta, Abelardo ed Eloisa e molti altri esempi. La letteratura offre spaccati di Eros e Thanatos che rimangono avvolti in un alone di strano romanticismo nell’immaginario collettivo, anche se riguardano vicende, figure e fatti di violenza e sangue. Eros e Thanatos, la pulsione di vita e la pulsione di morte, l’agire costruttivo e distruttivo dell’individuo, la sua più profonda ambivalenza. In epoca più recente, il delitto d’onore ha goduto delle attenuanti previste dal Codice Rocco e queste disposizioni sono state abrogate solo nel 1981. L’uccisione della moglie, figlia o sorella che fossero, veniva considerata la risposta ad una grave provocazione attraverso comportamenti inaccettabili, che arrecava offesa e ledeva la rispettabilità e il peso sociale della famiglia di appartenenza. Ma era anche lo stesso ordinamento che ammetteva l’istituto del ‘matrimonio riparatore’ come sanatoria al reato di violenza carnale nei confronti di minorenni per salvare l’onore di famiglia.
Ai giorni nostri, i delitti di donne di tutte le età e provenienze geografiche, in Italia 76 solo nel 2016, lasciano sconcertati, indignati e scossi per quella manifesta disinvoltura ed efferatezza che li caratterizza, per la frequenza con cui si sceglie la morte dell’altro come unico, sbrigativo e gratuito modo di liquidare definitivamente il disagio relazionale. Sono diventati patiboli e roghi, fredde esecuzioni di una precisione e infallibilità raccapriccianti. Nulla a che fare con il termine ‘Passione’ che deriva da ‘Phatos’, letteralmente sofferenza, sentimento profondo, istintivo.
Vania, Federica, Benedetta, Bruna, Alessandra, Michela, Sara, Anna, Moira, Slavica, Elena, Gloria, Katia, Marina… una lunga indelebile linea rosso sangue che traccia vissuti e drammi nascosti. Non basta un Rip, non è nemmeno sufficiente un rapido pensiero di compassione. Occorre fare nostra l’idea di una cultura diversa che rifiuti energicamente di passare per la ‘solita cronaca nera’ , quasi una spiacevole abitudinarietà, queste tristi pagine di vita e di morte, rimuovendo comodamente per tornare a tranquillizzarci nelle nostre piccole sicurezze.
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Liliana Cerqueni
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