Corrado Govoni
e la poesia elettrica
Tempo di lettura: 3 minuti
Ho optato per una cifra neutra, oggettiva, selezionando per la letteratura ferrarese del nostro tempo, scrittori genericamente lineari e-o sperimentali (poeti video e-o digitali inclusi): opzione esclusivamente s-oggettiva creativa e meritocratica, secondo me; autori celebri, noti, meno noti, poco noti, audience o meno dei nomi e degli scrittori “storicizzati”. Non un mero dizionario meccanico, ma spesso la focalizzazione dell’opera più rilevante: secondo criteri critici, prossimi, sia a certa analisi transtestuale e aperta, suggerita, ad esempio dal postmoderno essenzialmente francese, Deleuze, Baudrillard, sia da figure celebri ma liminari quali Franco Rella, sia lo stesso Giorgio Colli che definì poeta anche chi vive come tale, al di là (ovvio relativamente) del prodotto-opera in sé. Tutti contemporanei, eccetto pochissimi, selezionati per certo ruolo archetipico fondamentali per la letteratura ferrarese (e non solo) di fine secolo e del primo Duemila. A partire da Corrado Govoni.
Corrado Govoni, nato a Ferrara (Tamara di Copparo, 1884), spirato a Roma (Anzio, 1965) resta tutt’oggi il più geniale poeta ferrarese del XX secolo, uno dei più grandi della letteratura italiana contemporanea. Dopo anni di relativo oblio, a partire dal trentennale della morte, l’editoria e l’ambiente poetico nazionale hanno riportato all’attenzione Corrado Govoni, capace di assurgere a suo tempo fra i protagonisti del futurismo e tra i più fedeli amici (almeno nella fase eroica dei primi tempi) di Marinetti e Palazzeschi: il carteggio di quest’ultimo con Govoni appare significativo, e altrettanto un eloquente tributo postumo del poeta al fondatore Marinetti (citato da De Maria in “Marinetti e il futurismo”). Tale riscoperta segue la riscoperta stessa del Futurismo, di cui sono stati recentemente promotori i vari Benedetto, Grisi, Agnese, Tallarico, Verdone e De Maria (ecc.).
Nel trentennale della morte (1995), Ferrara stessa con la rivista “Poeticamente” gli ha dedicato un omaggio contemporaneo, “Elettriche Poesie”, ricordandolo come poeta vivo e vitale di questi anni duemila (anche in “Rete a Ferrara” in versione trailer). Negli anni Ottanta, la città dedicò al poeta un importante convegno (centenario della nascita) ben puntualizzato anche da Antonio Caggiano, il noto critico e scrittore nonché cronista d’arte del Resto del Carlino. Corrado Govoni fu autenticamente futurista, cavalcò la rivoluzione della poesia italiana e mondiale, scoprì lo spirito moderno con colori squisitamente artistici. Al passo con i futuristi e con le avanguardie, Corrado Govoni immaginò e sperimentò un rinascimento moderno in netta polemica con il modernismo volgare e materialista che ha poi dominato l’intero XX secolo: Corrado Govoni anticipò – pure – con esiti raramente uguagliati, la Poesia visiva e le Neoavanguardie del secondo Novecento; e i vari Spatola, Sanguineti e Perfetti provengono tutti dalla lezione govoniana. Alle soglie del 2000, in particolare, i toni non solo aggressivi, ma aurorali, sereni e cosmici della poesia govoniana, rispetto alla ‘tradizione’ futurista (ad esempio, tra l’anarchismo letterario di Marinetti e il lirismo meccanico di Soffici), ci indicano autentiche preveggenze ecologiche di ovvia importanza: in Govoni, l’utopia futurista diventa un’utopia verde, futuribile, come è evidente anche in certo suo crepuscolarismo, una visione della macchina, tra i bordi di Spengler e lo stesso Marinetti.
Letto oggi, in Govoni non vibrano più soltanto virilismo guerriero, automobili, aeroplani e radio bellicose, ma anche auto elettriche, centrali solari e sensualità: la poesia del futuro come ecologia dirompente…
da “Dizionario della letteratura ferrarese contemporanea”, eBook a cura di Roby Guerra (Este Edition-La Carmelina, 2012)
Per ulteriori informazioni, visitare la pagina su Corrado Govoni in Wikipedia [vedi], la pagina di Roby Guerra [vedi] e il sito di Este Edition [vedi]

Sostieni periscopio!
Roby Guerra
I commenti sono chiusi.
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani