Ci sarebbe stato da ridere, se non fosse stato un dramma. Lui, omicida, nell’udienza in carcere per parlare dei figli che aveva reso orfani poche settimane prima, ha esaltato il valore della buona educazione. Che supponga consista nel sedersi composti, masticare a bocca chiusa, non dire parolacce e ammazzare la moglie il minimo indispensabile.
Filastrocca di un assassino
Io l’importante l’ho individuato,
è che mio figlio sia un bimbo educato.
La mamma è morta, sì, nell’incidente.
Io l’ho ammazzata, vabbè; è rilevante?
Poi fatta a pezzi e nascosta sotto al letto
per non volerla lasciare, dopotutto.
Perciò il divorzio non l’ho mai contemplato:
nel mio paese sarei disonorato.
Il signor giudice allora mi ha risposto:
“E un assassino ha l’onore tutto intero?”
L’ho accoltellata, sì, lo riconosco.
Ma poi è morta? È morta per davvero?
Si può immaginare la rabbia, lo sconcerto che provoca parlare con un uomo che ha ucciso la moglie e sembra non esserne minimamente consapevole. Eppure, ripensandoci, è plausibile che anche la sua memoria fosse inceppata come pure il suo rapporto con la realtà. Una morte violenta è un trauma grave, si vede, per chi la piange e anche per chi l’ha provocata.
CONTRO VERSO, la rubrica di Elena Buccoliero con le filastrocche all’incontrario, le rime bambine destinate agli adulti, torna su Ferraraitalia il venerdì.
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Elena Buccoliero
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