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Da: Organizzatori
“Per quanto riguarda la realizzazione dell’impianto di trattamento dei fanghi da cui produrre fertilizzanti occorrono delle garanzie, che devono venire prima di tutto dalla ditta che lo vuole realizzare”. E’ un coro a due voci quello che si alza dalle sedi di Confagricoltura. “Non possiamo certo accettare che il nostro territorio si trasformi in una seconda Terra dei Fuochi – affermano i Presidenti di Confagricoltura Portomaggiore Graziano Sarto e di Argenta Ercolino Gentili – non ci accontentiamo di sentirci dire che l’impianto rispetterà tutte le norme vigenti, perché sappiamo che il cosiddetto decreto Genova ha innalzato i limiti di molte composti e sostanze, come ad esempio gli idrocarburi, passati da 50 a 1000 mg/kg; sappiamo che le norme imposte dalla Regione Emilia Romagna sono più stringenti che altrove, ma vogliamo garanzie assolute, perché non possiamo permetterci che un territorio agricolo vocato a produzioni di pregio come il nostro, possa vedere pregiudicata irreparabilmente la propria immagine, con danni incalcolabili al nostro patrimonio. Sappiamo perfettamente – continuano i Presidenti di Confagricoltura Argenta e Portomaggiore – che i fanghi di depurazione possono rappresentare una risorsa, sia per l’apporto di sostanza organica al terreno, sia per l’importanza economica in termini di risparmio per la collettività derivante dall’utilizzazione agronomica dei reflui rispetto al loro smaltimento in discarica, che ha costi molto elevati. D’altro canto, il passare dalla cultura dello scarto a quella della prevenzione del riciclo e della valorizzazione economica, è una delle principali sfide dell’economia circolare. Quindi il riutilizzo dei fanghi di depurazione quale biofertilizzante è positivo, a patto che ciò avvenga a determinate condizioni, ovvero che sia garantito il controllo e quindi la qualità del prodotto ottenuto dalla lavorazione dei fanghi per scongiurare la presenza di metalli pesanti, di idrocarburi, di molecole di origine organica potenzialmente nocive, e che vengano attuati controlli accurati circa la buona gestione dei depuratori dai quali provengono i fanghi. E’ poi indispensabile che la sostanza venga utilizzata correttamente, rispettando le epoche idonee ed i dosaggi in funzione della coltura; è un po’ come una medicina, deve essere data al momento giusto e nelle quantità corrette, altrimenti si crea un danno al terreno ed alle coltivazioni. In definitiva – concludono Sarto e Gentili – auspichiamo un confronto, aperto alla partecipazione di tutti, tra i ricercatori ed esperti che in queste settimane hanno argomentato convintamente il proprio no alla realizzazione dell’impianto, e coloro che l’impianto si apprestano a realizzarlo, in modo da poter avere ancor più elementi per poter trarre le opportune conclusioni su questa complicata vicenda”.

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