Morcote (lago di Lugano),
in attesa di parlare di giardini e di musei in questo straordinario scenario lacustre, girandomi le ciribiricoccole ho deciso di trasformarmi per questa sera nel giovane che è in me, sperando così di ingannare l’occhiuta regola che m’impedirà in futuro di fruire della gratuità dei musei un tempo appannaggio (giusto/ingiusto?) degli over 65. Via dunque severe cravatte Ferragamo, debolezza fiorentina coltivata per contrastare l’ovvietà di quelle Hermès o di quelle di Marinella fornitore di Arcore. Via i cachemires che fanno vecchio solo a palparli, via la giacchetta stilizzata comprata a Roma in un famoso negozio di Campo Marzio.
‘Okkei!’ Sono pronto.
Maglietta Columbus al titanio; jeans Levi’s, scarpette da runner Lacoste. Invano però cerco di occultare il busto che sorregge la colonna vertebrale in pericolo di crollo.
Cosa manca? Ovviamente il formulario linguistico-gestuale. Tento di rifiutare l’orrido “assolutamente sì/no” ma è un best. Batto il 5 ai pronipoti; credo sia necessario mugugnare un po’ di heavy metal, pregando frattanto il divino Mozart di perdonarmi. Infine “last but not last” il cappelletto con visiera rigorosamente Adidas.
Ma andrà bene?
Sarò coatto o fighetto?
Per fortuna la scarsità di chioma m’impedisce la gloriosa cresta gelificata.
Questo tentativo, frattanto medito tra me e me, non vuole porre in luce una individualità ma presentarsi come modello.
E parto non prima d’aver letto il fondamentale articolo di Francesco Merlo su “La Repubblica” che analizza come fosse un’unica galleria degli orrori la situazione dei musei e dei monumenti romani. Decido d’un tratto di cancellare ogni riferimento culturale, di farmi tabula rasa, di dimenticare quel coacervo di studi, notizie, propensioni, innamoramenti culturali che, negli anni, avevo stivato nella mia mente pensando forse ingenuamente di servirmi nei pacati ozi della pensione, flaneur indolente di poesia e pittura, di musei e città d’arte. Si avverano le esortazioni, sempre da me rifiutate, degli amici insegnanti, così condite di pepato sarcasmo, che dall’alto della loro favolosa pensione da 1250 euro al mese, ormai considerata la soglia della ricchezza dal ministero competente, mi esortavano a riflettere su quel tempo sprecato nel voler perseguire l’insano proposito. Meglio, molto meglio, una sagretta con tanto di salama e fritto misto che vagare inerme tra caterve di quadri, statue, oggetti non sempre comprensibili. Va bene!
Ma da giovane che voglio fare?
Beh, un apericena, una sana discussione “tennica” sulla situazione calcistica mondiale (meglio evitare lo spinoso problema italiano…) e concludere la serata con qualche pensosa battuta sulla politica renziana. I più acculturati (forse l’hanno letto in qualche rivista di Cairo editore) sostengono che l’acconciatura della ministra Madia sia molto preraffaellita; probabilmente un riferimento alla Beatrice di Dante Gabriele Rossetti. Il silenzio sconcertatamente ammirato che segue classifica il giudizio come figo. E alta si leva l’adesione e l’entusiasmo per la promessa gratuità al museo per i giovani. Poi un attimo di perplessità: il Museo?
Ma no! Scherziamo? Cosa dice a noi giovani quel rimprovero mite e solitario che emana dai volti, dagli atteggiamenti, dalle pittate scene che come un s.o.s proviene dalle pareti, nel silenzio sacrale del vuoto museo?
Mica tutti hanno avuto la fortuna di quella ragazzetta dall’orecchino di perla capace di catalizzare attorno a sé folle di giovani pronte al selfie. O riscattare il buon vecchio Van Gogh (vero o falso che sia) o godere con gli Impressionisti. O dire Ohhhhh…. di fronte al “Cara”, affettuosa abbreviazione del Caravaggio.
Il resto che è? Giotto? Noiosetto con i suoi inferni e paradisi e la mala abitudine di rimproverare gli evasori fiscali, come quel padovano malnato dello Scrovegni.
Botticelli? Piace troppo agli stranieri e non è poi granchè sorbellarsi code estatiche per vedere poi cosa? Un quadrone con donne (anzi madonne direbbero al Palio) sorridenti e un forsennato ragazzetto che soffia come un ossesso e lo chiamano Zefiro. D’altra parte andare al museo va bene ma sarebbe opportuno, ad esempio che l’attrazione fosse consolidata con opportuni svecchiamenti. Come per quello strepitoso di Spina a Palazzo Costabili detto di Ludovico il Moro a Ferrara dove ti fai il pieno di vasi attici, di gioielli e arredi funerari ma poi è possibile ascoltare un buon concerto, sentire una conferenza curiosa vedere le evoluzioni dei ballerini e alla fine un buon ‘aperi’. Un centinaio e più di persone, qualche giovane, molti anziani. Ma se dovesse scattare la legge te lo vedi il pensionato che paga il biglietto? Almeno metà rinuncerebbe “Dit da bon”? Sussurra allarmato l’ego giovane. Rispondo con una frase passata alla storia di una mia amica tenerissima che quando le capitava qualche disagio, anche grave, inviperita alzava l’occhio al cielo e gridava “ Ci penseranno loro!!!” Mai capito quel loro, ma filologicamente potrebbe essere il ministro e i funzionari del Mibac.
Ormai tra le sponde fiorite del lago di Lugano si fa sera. Tanto per cambiare una bomba d’acqua turba la mia passeggiata non in veste giovanile ma di conferenziere stanco over 65 sulle scale ripidissime che portano alla chiesa antica. Ho sorriso e stretto mani al rappresentante della banca di Sondrio divenuta svizzera anzi ticinese, lodo la bellezza delle scarpe e borse Bailly anch’esse corse in aiuto del comune di Morcote dove il parco Scherrer costa alla comunità locale di 600 abitanti 150 mila franchi all’anno di manutenzione. Beh si sa la Svizzera non è l’Italia e loro c’hanno i danè, mi sono dato da fare per rendere “piacevole” la giornata con i miei amici giardinisti. Ho conosciuto la organizzatrice e responsabile dei Grandi Giardini Italiani che muove in Italia 120 siti giardineschi pubblici e privati per un totale di 8 milioni di visite (è una scozzese di ferro che adora l’Italia e la crede e ci crede che sia l’heimat, la patria del cuore). Ho conosciuto sua sorella l’editrice del libro che uscirà da questo convegno. E’ una deputata inglese liberal che ha presentato in Parlamento (inglese of course) una mozione per salvare dallo smembramento la biblioteca di Warburg dal suo luogo originale e che in migliaia, io compreso senza averla conosciuta, ha firmato su fb. Va bene mi rassegnerò: svesto i panni non curiali (per chi non l’ha capito è una citazione da Machiavelli) del giovane che è in me, rimetto quelli severi del conferenziere, pagherà il biglietto ma…. “Quanto è triste Venezia”.
Pardon! l’Itaglia
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Gianni Venturi
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