Com.bus: e i bambini decidono davvero come cambiare pezzi di città
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Ricerca dei punti urbani critici da riqualificare, ascolto delle idee dei bambini come base per coinvolgere una platea più ampia, attività di mediazione tra cittadinanza e amministrazione. Sono questi gli ingredienti principali di Com.bus, un progetto di innovazione sociale attivo e diffuso su tutto il territorio del comune di Ferrara. L’idea nasce e si sviluppa attorno alla tesi di laurea di Giovanni Oliva, architetto ed esperto di marketing e comunicazione che, insieme alla collega esperta di progettazione partecipata Serena Maioli e all’educatrice Elena Maioli, compongono il nucleo operativo di Com.bus.
Abbiamo incontrato Serena a Pontelagoscuro, ai piedi della scalinata sull’argine che da via dell’Isola Bianca porta dritti al Po, per farci raccontare la realtà di Com.bus, le loro attività e la loro proposta di riqualificazione della stessa scalinata, storico luogo strategico per le vie commerciali del Grande Fiume.
“Il progetto è iniziato a fine 2013 – racconta Serena – ha durata biennale ed è stato ammesso ad un finanziamento del Miur, ancora oggi non pervenuto. Nonostante questo dettaglio da non trascurare, ma data la necessità di realizzare gli obiettivi entro maggio, abbiamo deciso di metterci all’opera il prima possibile, avvalendoci anche dell’accordo d’intenti con i dipartimenti di Architettura e Studi umanistici di Unife”.
Per capire nel dettaglio come lavora e su quali principi si basa Com.bus, è necessario introdurre le due parti fondamentali che strutturano il progetto: il Metodo dell’Orecchio Acerbo (Moa) e il Communication Office for Municipalities (Com). Per quanto riguarda il Metodo dell’Orecchio Acerbo, Serena spiega essere “l’ascolto attivo dei bambini, coloro che in fin dei conti più di tutti sono ai margini delle scelte della cittadinanza. Partiamo quindi dalle richieste e dal punto di vista dei più piccoli per arrivare soprattutto alle famiglie e alle scuole, in modo da avere la giusta base dalla quale creare i progetti”; parallelamente, il modello denominato Communication Office for Municipalities viene descritto come “lo strumento grazie al quale cittadinanza e pubblica amministrazione possono riuscire a comunicare nel miglior modo possibile, l’occasione di conciliare le richieste e necessità dei primi con la modalità d’azione della seconda mediante un processo di forte inclusione sociale”.
Il fulcro centrale dell’operato di Com.bus sono dunque i bambini, che Serena definisce ‘spugne sociali’ proprio perché “i bambini sono in grado di ascoltare in maniera molto più fresca rispetto agli adulti, oltre al fatto che coinvolgerli in queste tematiche è spesso anche l’unico modo a disposizione per coinvolgere direttamente anche i più grandi. Tramite questo procedimento siamo riusciti ad ottenere campioni eterogenei per la nostra attività di ricerca”.
In questi due anni di lavori sono stati coinvolti gli alunni di quarta e quinta elementare di sette scuole sparse su tutto il Comune di Ferrara, dando particolare importanza soprattutto a quelle del forese proprio per la difficoltà di queste località nell’essere facilmente raggiungibili dall’amministrazione. “Durante il primo anno di lavori, ossia l’anno scolastico 2013-2014 per le scuole, siamo riusciti ad organizzare ben dodici incontri in ognuna delle nove classi coinvolte nel progetto – continua Serena – Durante gli incontri i bambini vengono stimolati a domandarsi e ad esplicitare come trovano l’ambiente urbano nel quale vivono, ad intraprendere indagini su questi ambienti e ripercorrere un po’ quella che è la loro storia e di come questa abbia cambiato nel tempo il loro ruolo”. Ad affiancare Serena nelle scuole è Elena, educatrice di formazione artistica. Sul campo, Serena mi racconta quanto sia importante “coinvolgere nel modo più costruttivo e adeguato possibile i bimbi circa le problematiche che vengono affrontate. Per questo motivo, la domanda che noi poniamo a loro non è mai ‘cosa vuoi fare in questo luogo’ ma ‘come pensi che possano essere cambiate le cose in questo posto’, concetto molto importante per fargli capire che non stiamo andando alla ricerca di quello che fa comodo solo a loro ma a qualcosa che possa essere utile per tutti”.
Terminati gli incontri di condivisione collettiva, sono stati infine raccolti numerosi dati utili ai ragazzi di Com.bus per individuare i luoghi che più di altri hanno la necessità di essere rivalutati e presi in considerazione.
Con il secondo anno di attività, i lavori sono passati dalla teoria alla pratica: con le classi quarte divenute nel frattempo quinte, il lavoro di Com.bus nelle scuole è continuato con la scelta dei luoghi individuati a termine dell’anno precedente e con l’impegno di attivare, in ognuno di questi, delle piccole sperimentazioni. “Abbiamo chiesto ai ragazzi di decidere collettivamente come agire su questi luoghi – afferma Serena – in modo da attuare una vera e propria progettazione da portare avanti insieme alle famiglie, ai vicini, ad altri soggetti e a tutte le persone della comunità che vorranno essere coinvolte”.
I progetti pensati sono stati condivisi in un insolito consiglio comunale, avvenuto il mese scorso, con protagonisti gli stessi ragazzi coinvolti nel progetto. “È stato un modo particolare ma significativo per mettere in luce quanto fatto in questi mesi – continua Serena – Raccontare in pubblico il lavoro svolto, rendere partecipe la cittadinanza delle sperimentazioni e far passare il messaggio che è necessario individuare le priorità partendo dal basso sono messaggi sicuramente importanti anche per la stessa amministrazione, la quale potrebbe trovare spunto da questo per definire una linea guida d’azione”. Per rendere il tutto davvero attuabile, sono stati anche aperti tavoli di confronto con l’Urban Center di Ferrara e con i diversi uffici coinvolti nelle sperimentazioni urbane e sociali.
Ma quali sono queste sperimentazioni? Iniziamo proprio da quella di Pontelagoscuro, sede della già citata scalinata, dove Serena specifica che “l’obiettivo intrapreso con le classi delle scuole primarie di Ponte è tornare a far diventare questo luogo centrale come lo era un tempo, un desiderio nato dalla necessità di rivivere questo spazio oggi in disuso e spesso in preda alla sporcizia. Tutto si baserà – continua – sul colore e sulla pittura di murales che riporteranno lungo tutta la scalinata delle onde che, tramite una gradazione di blu, passano dai colori più attuali del Po a un utopico turchese, ovvero il colore del fiume di un tempo, mentre da un lato verranno disegnate le vecchie barche e dall’altro le più moderne biciclette a significare l’importante rapporto tra passato e presente”.
Nel raccontarmi il procedimento di ideazione di questo progetto, anticipato ovviamente da dibattiti ed indagini storiche condotte dai bambini, è emersa l’importanza del lavoro che Com.bus affida a questi ultimi poiché Serena mi confida che “in origine l’idea della centralità del colore e soprattutto delle onde ci convinceva poco, ma dopo aver valutato attentamente quello che davvero volevano esprimere i bambini, ovvero l’importanza primaria del Po in questo luogo, ci siamo subito ricreduti”.
Oltre alla scalinata, le altre sperimentazioni avviate da Com.bus le troviamo in viale Krasnodar dove è prevista la costruzione di una pavimentazione a scacchiera in una piazza nella quale riprodurre un grande gioco urbano gigante, mentre a Cocomaro di Focomorto verrà ridisegnato il parco sul canale che comprenderà l’attrezzatura di luoghi “morbidi” per i bambini con più difficoltà. E ancora, a Quartesana, verrà costruito un giardino sensoriale nell’area dietro la piazza, a Villanova avverrà la sistemazione di una vecchia biglietteria oggi destinata a diventare un luogo di scambio libri, mentre nel quartiere Giardino è stato ideato un piano sia educativo che pratico su come riqualificare il parco di piazzale Giordano Bruno.
Insomma tanti interessantissimi progetti in ballo, alcuni sviluppati da richieste pervenute, altri pianificati ex-novo tramite un preciso piano d’azione.
In conclusione, non ci resta che attendere un mesetto per vedere i primi segni concreti di quello che Com.bus ha avviato un paio d’anni fa. Un progetto di studio tanto complicato e ambizioso quanto affascinante, ma anche un nobilissimo intento, che comprende un numero di potenziali utenti vastissimo ma che al contempo si basa, prima di tutto, sulle esigenze dei bambini. Abbiamo davvero bisogno di “facilitatori che fanno di diffusione e ascolto le loro priorità” come si definiscono i ragazzi di Com.bus, per ricordarci che è ancora possibile e soprattutto necessario unire le forze e prenderci cura dei nostri luoghi e dei nostri spazi. Farlo significa prima di tutto portare rispetto alla nostra storia e alla nostra cultura, proprio come Serena, Elena e Giovanni insegnano ai più piccoli, ma significa anche partecipare attivamente, dimostrare che ci siamo, che siamo presenti e che non vogliamo escluderci dalla gestione di quelle che per noi sono cose fondamentali e spesso ce ne dimentichiamo: i nostri quartieri, il nostro territorio, la nostra terra.
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Andrea Vincenzi
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