Coldiretti: accordo con governo per la ridefinizione delle zone vulnerabili ai nitrati
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da: ufficio stampa Coldiretti
Un piano congiunto tra Coldiretti ed i Ministeri dell’agricoltura e dell’ambiente per scongiurare la chiusura di allevamenti e le penalizzazioni per le aree definite vulnerabili senza una effettiva analisi puntuale della loro natura e caratteristiche. “Bene la riconsiderazione anche delle altre fonti di inquinamento non agricole – sottolinea il presidente di Coldiretti Ferrara, Gulinelli – che risultano ben più incidenti rispetto ad allevamenti e coltivazioni”.
È stato sottoscritto a Milano, nei giorni scorsi, nell’ambito del forum “Made in Italy dopo Expo 2015” , il protocollo che rivede la definizione delle zone vulnerabili ai nitrati dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo e dai ministri all’Agricoltura, Maurizio Martina, e all’Ambiente, Gian Luca Galletti.
Il piano, che scongiura la chiusura di migliaia di allevamenti, prevede che entro 45 giorni il Governo emetta un decreto per la ridefinizione delle zone vulnerabili, dopo il quale le Regioni avranno 30 giorni per disegnare la nuova mappa di gestione degli effluenti da allevamento. Nella nuova classificazione si terrà conto dei carichi derivanti da eventuali fonti di pressione di origine non agricola che possono concorrere a determinare o ad attenuare lo stato di contaminazione.
“Un passo determinante per salvare gli allevamenti italiani e continuare ad assicurare la produzione di salumi e formaggi Made in Italy – ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -, giustificato dagli studi recenti dell’Ispra che hanno chiarito come il coinvolgimento della fonte zootecnica nelle problematiche ambientali sia del tutto trascurabile o minimo mentre assume un forte rilevanza il contributo di altre sorgenti in particolari minerali”.
“Secondo questi dati – evidenzia Sergio Gulinelli, presidente di Coldiretti Ferrara – l’agricoltura ha un impatto di appena il 10 per cento sulle falde, tutto il resto deriva da scarichi industriali e residenziali che si sono moltiplicati per l’espansione urbanistica. Si tratta di una conferma a livello di bacino ancora più ampio, di quanto rilevato anche dagli studi di pochi anni fa della nostra Università nei riguardi dei terreni ferraresi, indistintamente classificati come vulnerabali anche se di diversa tipologia fisico chimica e quindi non omogenei sua cosìvasta scala. Anzi in quello studio si rilevava un miglioramento della qualità delle acqua in uscita dagli scoli aziendali rispetto ai parametri di immissione, conclamando un effetto filtro dei terreni a beneficio dell’ambiente”
In fase di ridefinizione delle zone vulnerabili si esamineranno anche il livello di inquinamento esistente, la tipologia e la consistenza delle attività svoltenelle aree che risultano compromesse, le possibili fonti di inquinamento, comprese quelle naturali, il rapporto di causa ed effetto tra i diversi fattori, vale a dire, l’individuazione di quanto ciascuno degli elementi (naturali o antropici) incide sull’inquinamento esistente o rischia di aggravarlo e, quindi, la tipologia ed il livello di inquinamento che ogni fonte di pressione è in grado di causare.
Le zone vulnerabili da nitrati – inizialmente designate dalle Regioni per fronteggiare la procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea per l’incompleto recepimento della direttiva comunitaria – risultano pari a circa 4 milioni di ettari che si concentrano nelle aree di pianura e rappresentano quasi il 31,8 per cento della superficie agricola utilizzabile secondo una mappa vecchia di oltre 20 anni che rischiava di mettere in ginocchio gli allevamenti del nord Italia (Veneto, Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna) con migliaia di aziende destinate a chiudere e la conseguente perdita di posti di lavoro, oltre che penalizzare le aziende agricole costrette a ridurre gli apporti di nutrienti alle colture in modo indiscriminato, ovvero scollegatodalla effettiva condizione aziendale dei terreni e delle coltivazioni.
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