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da: ufficio stampa Coldiretti Ferrara

A Bologna allevatori davanti alla GDO. Aumento ingiustificato del ricarico per i consumatori e tre litri su quattro di latte UHT sono di latte straniero. In calo il prezzo corrisposto ai produttori, in aumento quello fatto pagare ai consumatori.

Dalla stalla allo scaffale, il prezzo del latte fresco si moltiplica anche per 4 con un ricarico che arriva fino al 340 per cento, una percentuale incredibile, che è esplosa nell’ultimo anno per il taglio del 20 per cento del prezzo pagato agli allevatori, mentre il prezzo al consumo tende ad aumentare. La denuncia è di Coldiretti Emilia Romagna che ha portato la guerra del latte, iniziata sabato scorso a Ospedaletto Lodigiano, davanti allo stabilimento della Lactalis, fino alla grande distribuzione, realizzando a Bologna al Centro Commerciale Vialarga, una mungitura delle mucche e la cottura del formaggio in un grande caldaio a legna per sensibilizzare i consumatori, soprattutto ai giovanissimi delle scuole primarie – spiega Coldiretti regionale – sulla necessità di conoscere l’origine del latte per salvaguardare il made in Italy e il suo patrimonio di genuinità e sicurezza.
A fronte di un costo del latte fresco alta qualità mediamente di 1,50 euro al litro, in aumento rispetto all’anno scorso – denuncia Coldiretti Emilia Romagna – il latte viene pagato agli allevatori, 0,34 centesimi al litro, con un calo del 20% rispetto allo scorso anno che per gli allevatori italiani ha significato una perdita in un anno a livello nazionale oltre 550 milioni di euro (circa 50 milioni di euro per la sola Emilia Romagna) perché il latte viene pagato al di sotto dei costi di produzione. Siamo di fronte ad una palese violazione delle norme – commenta Coldiretti Emilia Romagna – poiché il prezzo corrisposto agli allevatori è inferiore in media di almeno 5 centesimi rispetto ai costi di produzione, che variano dai 38 ai 41 centesimi al litro secondo l’analisi ufficiale effettuata dall’Ismea in attuazione della legge 91 del luglio 2015 che impone che il prezzo del latte alla stalla debba commisurarsi ai costi medi di produzione.
Si tratta di un vero e proprio furto di valore a danno degli allevatori italiani, ai quali viene sottopagato il latte alla stalla senza nessun beneficio per i consumatori, mentre consumatori e allevatori insieme si trovano a fare i conti anche con gli inganni del commercio di latte e formaggi provenienti da chissà quale parte del mondo, ma spacciati come italiani. Nella sola Emilia Romagna – afferma Coldiretti regionale – le 3.700 stalle sopravvissute nel 2014 hanno prodotto 18,7 milioni di quintali di latte mentre le importazioni in regione hanno superato i 12 milioni di quintali. Nelle industrie arrivano latte e semilavorati di latte (cagliate, caseine e caseinati) di provenienza straniera, per produrre formaggi, yogurt, mozzarelle, senza l’indicazione dell’origine in etichetta e senza trasparenza sugli ingredienti utilizzati. Il risultato è che 3 buste di latte Uht su 4 e 1 mozzarella su 2 vendute in Italia sono fatte con latte straniero senza che il consumatore lo sappia.
La situazione rischia di precipitare perché il prezzo pagato agli allevatori non copre neanche i costi per l’alimentazione degli animali e sta portando alla chiusura delle stalle, soprattutto nelle aree di montagna dove si trovano il 53 per cento del totale delle stalle dell’Emilia Romagna. Negli ultimi cinque anni nella nostra regione – sottolinea Coldiretti Emilia Romagna – hanno chiuso 550 stalle, con una perdita silenziosa di circa 4.000 posti di lavoro e il rischio concreto della scomparsa del latte e dei formaggi, con effetti drammatici anche sulla sicurezza alimentare e sul presidio ambientale.
Difendere il latte italiano – sottolinea Coldiretti Emilia Romagna – significa difendere un sistema che solo nella nostra regione garantisce 20 mila posti di lavoro e oltre 3 miliardi di ricchezza economica. “La chiusura di una stalla non significa però solo perdita di lavoro e di reddito – ha detto il direttore regionale di Coldiretti, Marco Allaria Olivieri – ma anche un danno ambientale e territoriale perché oltre la metà degli allevamenti si trova in zone montane e svantaggiate e svolge un ruolo insostituibile di presidio del territorio dove la manutenzione è assicurata proprio dal lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali”.
“Stiamo perdendo un patrimonio del nostro Paese sul quale costruire una ripresa economica sostenibile e duratura che fa bene all’economia all’ambiente e alla salute” afferma il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello nel denunciare che “l’invasione di materie prime estere spinge prima alla svendita agli stranieri dei nostri marchi più prestigiosi e poi alla delocalizzazione delle attività produttive”.

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