Siamo nei primi anni settanta, un giovanottone di uno e novanta, con barba e capelli lunghi, cammina quasi dondolando su un marciapiedi della periferia di New Haven. Fisico prestante ma goffo, un vaporoso cespuglio di capelli fitti e rossicci, sottobraccio un paio di libri di diritto e sulla faccia un’aria da “gigione” che lo accompagnerà per tutta la vita. Dall’altra parte della strada una ragazzotta rossina e slavata, con due occhiali scuri e spessi come due fondi di bottiglione e un’espressione da secchiona romantica, fa un cenno al suo neofidanzato: “Bill sono qui, andiamo che è tardi!“
Lui attraversa la strada e le va incontro col suo sorriso da “gigione”, i due si scambiano un tenero bacetto di saluto e insieme s’incamminano verso la biblioteca della Yale University.
Noi ce li immaginiamo più attempati, i capelli brizzolati per lui e biondo miele per lei, elegantemente vestiti e attorniati da un codazzo di guardie del corpo…
Hanno fatto la storia degli anni novanta, nel bene e nel male (più bene che male direi). Lui si è preso la scena per ben otto anni (dal ’93 al 2001) e si è congedato come uno dei più amati della categoria, nonostante quel suo vizietto con le stagiste.
Ora lei vorrebbe fare altrettanto, e pare che ci possa riuscire, in fondo deve solo competere con un miliardario megalomane con tanto di gatto persiano appiccicato sulla fronte!
Peccato, se fossi di Boston voterei per lei signora Rodham… oh mi scusi, volevo dire signora Clinton!
