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L’ho conosciuto sotto la volta dell’abside del Duomo di Ferrara, io, Andrea Samaritani. Con la mia macchinetta mirrorless in mano e lui con la sua reflex, avevamo tutti e due gli occhi puntati in alto, sulle figure dipinte da Bastianino a popolare quel soffitto celeste che racconta il ‘Giudizio universale in una versione padana, così nebbiosa, ben pasciuta e rilassata come se fossero passati secoli e non solo poche decine di anni dallo scenario scultoreo e trionfante di Michelangelo.

Andrea Samaritani con una delle sue “Fotodipinte”, Hotel Carlton, Ferrara aprile-ottobre 2018 (foto GioM)

Io fotografa dilettante e lui super professionista, ci siamo guardati e da allora apprezzati e frequentati per un gusto affine dello sguardo, per la curiosità e la fame di scorgere e percepire tutto quanto la vita mette in scena in una successione mutevole di luci e di gesti, di contrasti e di armonia. Da allora ho seguito la sua attività con il piacere di riconoscere il suo stile tra le pagine di cronaca pubblicate sul ‘Resto del Carlino’ così come su quelle patinate di ‘Bellitalia’ fino alle immagini dipinte, dove – con il pennello – Andrea andava a saturare ed evidenziare quei suoi scatti-cartolina, dove la figura umana si affaccia sempre a scandire, percorrere e osservare i paesaggi inquadrati. Sagome di gente che passa in mezzo alla scena come lui, osservatore infaticabile di valli palustri e città, di palazzi e giardini, di personaggi e persone (vedi articolo su www.ferraraitalia.it/arte-le-fotodipinte-di-andrea-samaritani-ridisegnano-il-grand-tour-ditalia-150276.html).

Andrea Samaritani fotografato con una delle sue “Fotodipinte”, Hotel Carlton, Ferrara aprile-ottobre 2018 (foto GioM)

In tanti lo ricordano anche per i ritratti che lui ha regalato loro, io per quelli che ho catturato di lui, la barba a incorniciare il viso dallo sguardo intenso e pacato, la figura imponente e una dolcezza naturale e forse ammorbidita e levigata proprio da tutti gli anni passati in un contatto pressoché incessante con gli altri: i luoghi, i committenti, le situazioni in cui entrava e fotografava, dialogava e registrava.

Chi è andato a vedere la mostra della collezione Sgarbi esposta nel Castello estense di Ferrara (febbraio-settembre 2018) è passato materialmente attraverso la sua fotografia d’ambiente, scattata tra i libri e le cornici dello studio di Vittorio Sgarbi, trasformato in una scenografica tenda di ingresso [foto sotto].

Scenografia-tenda realizzata con la foto di Andrea Samaritani per la mostra sulla collezione Sgarbi in Castello Estense (Ferrara, 7 luglio 2018)

Le sue foto sono finite in mostra su giornali, riviste e su un’ottantina di libri. Le ultime le ha scattate sul set di Pupi Avati, a Ferrara in questa fine di agosto 2020. Il luogo era la piazzetta San Niccolò, sul fianco della chiesa rossettiana fatiscente, scenario ideale per due emiliani tanto amanti dei propri paesaggi e delle figure che li abitano, uno maestro a cogliere e l’altro incomparabile nel rimettere in scena gli anni vecchi e quelli che ancora oggi sembrano essersi fermati su queste terre, di cui tanto il fotografo quanto il regista hanno saputo mettere in risalto con passione e perizia gli aspetti contadini, tradizionali e a volte così malinconicamente decadenti.

Andrea Samaritani sul set di Pupi Avati
Lo staff del film in piazzetta San Niccolò (foto GioM)

[clicca sulle immagini per ingrandirle]

Ciao Andrea, mi rimarrà l’istinto di cercare la tua figura tra i corridoi di palazzo e dietro le canne di palude, ovunque tu abbia saputo attendere la posa e il tramonto giusti, cacciatore affamato di umanità, di vita e di bellezza.

Nato il 27 agosto 1962, Andrea Samaritani è morto il 30 agosto 2020. I funerali sono fissati per giovedì 3 settembre 2020 alle 16.30 alla basilica collegiata di San Biagio a Cento (Ferrara)

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, MN 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, BO 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici UniFe, Mimesis, MI 2017). Ha curato mostra e catalogo “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”.


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