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Un prodotto di qualità e una filiera “etica” vengono svalutate da giochi commerciali che penalizzano la produzione e favoriscono lo sfruttamento dei lavoratori
FERRARA – La filiera del pomodoro messa all’asta dalla Grande Distribuzione, che acquista dall’industria il prodotto trasformato a prezzi stracciati e lo vende a cifre talmente basse, che fanno sembrare nullo il suo valore. Cia Ferrara denuncia questi meccanismi poco virtuosi e difende il pomodoro ferrarese che, diversamente da quello che accade in altre zone produttive, viene prodotto attraverso un percorso di qualità, senza sfruttare i lavoratori.
“A Ferrara c’è una filiera del pomodoro “etica” – spiega Massimo Piva, vicepresidente provinciale di Cia Ferrara – perché cerchiamo di dare valore al prodotto, seguendo le regole su sicurezza e manodopera. Ma farlo sta diventando difficile, a causa delle dinamiche commerciali e di mercato. Non è un segreto che alcune catene della GDO, in particolare i discount, pur di far pagare il prodotto a prezzi “ridicoli”, comprano i prodotti alimentari usando la doppia asta. Funziona così: la distribuzione ha bisogno di una certa quantità di passata e chiede alle aziende fornitrici di presentare un’offerta di vendita. Poi raccoglie tutte le offerte e indice una seconda asta, partendo da quella più bassa. Finisce che per vincere la commessa le aziende di trasformazione sono costrette a vendere a prezzo di costo o, peggio, sottocosto. Poi, per rifarsi, tagliano sulla materia prima e a rimetterci sono i produttori e i lavoratori stagionali. E pensare che non distretto produttivo ferrarese cerchiamo di lavorare bene e abbiamo raggiunto un certo equilibrio, nonostante le difficoltà del comparto e i problemi dovuti all’assenza di Ferrara Food nel 2017, che quest’anno, invece, ritira regolarmente il pomodoro”.
I produttori ferraresi continuano, dunque, a impegnarsi per produrre pomodoro eccellente e anche il 2018 si conferma una buona annata per la qualità, come spiega Alessandro Tedaldi, produttore e vicepresidente di Terremerse.
“Una campagna di raccolta positiva, nonostante le difficoltà legate all’andamento stagionale. Il caldo ha anticipato la raccolta, così i produttori si sono trovati con il prodotto maturo e l’industria non pronta a ritirarlo. Adesso, complice la discesa delle temperature, ci troviamo nella situazione opposta: poco prodotto e molta richiesta. La qualità è comunque buona, anche se il prezzo concordato, di poco superiore all’anno scorso, è ancora basso. Con gli attuali 79,75 € a tonnellata, un agricoltore per non rimetterci deve produrre almeno 850/900 quintali per ettaro, una quantità non facile da ottenere. Se poi, come ha spiegato perfettamente Massimo Piva, entrano in campo meccanismi commerciali al ribasso, il prezzo rischia di scendere ulteriormente. Ed è un paradosso perché l’industria continua a chiedere, e parzialmente a premiare, la qualità poi questa non è riconosciuta, o comunque non all’agricoltore. Occorre, invece – conclude Tedaldi – che tutta la filiera si impegni per dare valore al prodotto buono e “virtuoso”, che non può avere lo stesso prezzo di quello spagnolo o cinese, coltivato con criteri diversi”.

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CIA FERRARA



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