da: ufficio stampa e comunicazione Cia Ferrara
Mercato del riso in forte ribasso e “abbandono” di varietà come il Baldo, una delle più coltivate nel ferrarese. Mentre continuano le importazioni indiscriminate dai paesi PMA e dalla Russia.
FERRARA – Il mercato del riso è in sofferenza, schiacciato da prezzi troppo bassi e dalla mancanza di sbocchi commerciali che rischiano di eliminare dalle scelte colturali la varietà Baldo, una delle più diffuse nel ferrarese. Una situazione che naturalmente si ripercuote sulla capacità del riso di fare reddito e sulle scelte dei risicoltori. Ma come si è arrivati a questa situazione? «Il primo problema del mercato del riso nel 2015 – spiega Massimo Piva, risicoltore e vicepresidente di Cia – Agricoltori Italiani Ferrara – è la chiusura dello sbocco commerciale turco per il Baldo. Nel 2014 la Turchia aveva assorbito gran parte del prodotto ed i risicoltori, vedendo un’opportunità, hanno investito in questa varietà nel 2015, con un aumento delle superfici del 91%. Peccato che quest’anno i turchi – con una condizione economica precaria e una moneta debolissima – abbiano scelto di acquistarlo a un prezzo bassissimo da Romania, Stati Uniti e dalle Repubbliche ex-Sovietiche, forti di 180.000 ettari investiti a riso. Il risultato è la chiusura, pressoché totale, di uno sbocco commerciale importante, grandi quantità di Baldo sul mercato pagato a 30€/q – una cifra che non copre i costi di produzione – e scorte di riso destinato probabilmente a rimanere invenduto.» In questa situazione di mercato difficile e altalenante i risicoltori si sono trovati a compiere le scelte varietali per il 2016. «I produttori hanno scelto cosa seminare – spiega Piva – con i prezzi del baldo che colano a picco e le quotazioni di Carnaroli – Karnak a circa 60€/q e dell’Arborio a 65€/q. E’ facile intuire su quali varietà abbiano puntato i risicoltori, che hanno preferito i “Risottieri” meglio pagati e letteralmente abbandonato il Baldo. La preoccupazione è che nel 2016-2017 e ci si ritrovi però con un mercato saturo di Carnaroli e Arborio e prezzi nuovamente non remunerativi per i risicoltori.» Ad aggravare la situazione è l’import del riso in Ue, con la continua e progressiva “invasione” dei risi importati dai PMA (Paesi Meno avanzati). Attualmente, secondo la Commissione Europea, c’è già uno sforamento del limite di riso importato – da 97.000 a 112.000 tonnellate – che arriva non solo da Cambogia e Myanmar ma anche dal Vietnam, inserito tra gli stati che non pagano i dazi per l’esportazione, anche se non è un Paese Meno Avanzato. «Non siamo contro alla solidarietà verso i paesi meno sviluppati – spiega Piva – ma la solidarietà deve essere reale e comunque non può essere “pagata” dalla risicoltura italiana. Non dobbiamo essere protezionisti ma andare contro una specie di “nuovo colonialismo” che di solidale non ha proprio nulla. Il riso importato, inoltre, risulta spesso non conforme alle regole di sicurezza alimentare perché contiene residui di fitofarmaci non consentiti. Occorre allora – conclude Piva – salvaguardare il riso italiano dall’importazione indiscriminata delle varietà Indica dai paesi Extra Ue e puntare sulla produzione e corretta promozione de riso italiano sano, buono e di qualità.»
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