Chi ricorda il Lanificio Hirsch?
Tempo di lettura: 2 minuti
Da: Licia Vignotto
Chi ricorda il Lanificio Hirsch? L’associazione Ilturco cerca racconti, fotografie, testimonianze
Chi ricorda il Lanificio Hirsch? L’associazione Ilturco invita i ferraresi che hanno notizie di questa straordinaria avventura imprenditoriale a farsi avanti.
Aperto a Ferrara nel 1885, fu uno dei primi e più importanti maglifici italiani: esportava in tutto il mondo, dall’Egitto all’America Latina, e la qualità dei suoi scialli “alla berlinese” è rimasta nella leggenda. Fu avviato in via Fondobanchetto da Carlo Hirsch, la cui famiglia – ebrea, di origine tedesca – già si dedicava alla lavorazione artigianale della lana. Si trasferì poi in via Aldighieri, dove nascosto tra i palazzi sorgeva un grande complesso di capannoni, magazzini e uffici. Oltre ad impiegare centinaia di persone, si distinse a livello nazionale per l’introduzione negli anni Venti di innovative politiche sociali, volte a migliorare la qualità della vita dei dipendenti. L’azienda – successivamente condotta dal figlio, Renato Hirsch – realizzò a proprie spese un asilo per i figli delle operaie, a cui era permesso assentarsi per allattare i bambini. Assicurò i propri dipendenti per tutelarli dagli infortuni, prima che l’assicurazione diventasse obbligatoria. Aiutò le famiglie che avevano padri, mariti o figli impegnati nella guerra in Etiopia con un contributo a fondo perduto. L’attività si interruppe nel 1939, anno in cui vennero promulgate le Leggi Razziali, con l’esproprio dello stabilimento operato dai fascisti.
Obiettivo della ricerca è recuperare una vicenda dimenticata, non investigata sebbene di grande importanza, per lo sviluppo economico della provincia estense e per le innovative politiche di welfare aziendale adottate. Racconta Licia Vignotto, responsabile del progetto: «Vorremmo sostenere e veicolare una narrazione del Novecento ferrarese che comprenda e valorizzi il ruolo svolto dal comparto artigianale e industriale, che si affiancò alla tradizionale produzione agricola esprimendosi in esperienze significative. Agganciare il passato al presente, utilizzando la memoria storica per offrire alla comunità nuove chiavi di lettura per leggere e interpretare il potenziale del territorio».
Chiunque abbia modo di contribuire alla ricerca con testimonianze, fotografie, o anche solo semplicemente ricordando i discorsi ascoltati in famiglia, riferiti al lanificio e alla famiglia Hirsch, è invitato a scrivere a info@ilturco.it o a telefonare al numero 3391524410.
«Realizzeremo nelle prossime settimane un video dedicato alla storia del Lanificio e una presentazione online», spiega Riccardo Gemmo, presidente dell’associazione Ilturco. «Ci sarebbe piaciuto abbinare alla ricerca un evento pubblico ma per ora non è possibile. Consideriamo questo approfondimento il primo tassello di un puzzle più grande, che continueremo a costruire nei prossimi mesi».
L’iniziativa – sostenuta grazie al bando promosso dalla Regione Emilia-Romagna per valorizzare e divulgare la storia e la memoria del Novecento – si realizza in collaborazione con l’Istituto di Storia Contemporanea, il Museo del Risorgimento e della Resistenza, con il supporto del Servizio Biblioteche e Archivi del Comune di Ferrara.

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Riceviamo e pubblichiamo
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani