Da Segreterie provinciali Cgil Cisl Uil di Ferrara
Noi siamo stati convinti fautori dell’idea che fosse necessario legiferare per proibire e punire come delitto ogni sorta di comportamento atto a sfruttare ma anche a favorire lo sfruttamento del lavoro.
Il c.d caporalato rientra a pieno titolo tra quelle illecite attività che richiedevano da tempo di essere sanzionate come reato, non solo come illecito amministrativo.
La Legge 29 ottobre 2016 , n. 199 risponde pienamente allo scopo di considerare il fenomeno criminale dello sfruttamento dei lavoratori in condizioni di bisogno e di necessità come un fatto grave e per questo meritevole di essere perseguito e represso mediante un intervento di riforma del codice penale.
Finalmente un modello “securitario” applicato ai prepotenti e ai meschini che lucrano sulla fatica disumanamente imposta ,spesso con violenza e comunque con sopraffazione, a poverissime persone il cui unico demerito è quello di tentare di sopravvivere con i mezzi leciti della vendita delle proprie braccia.
Finalmente un dispositivo che garantisce per mezzo del modello normativo penale una seria attività di prevenzione e di efficacia deterrente nei riguardi di chi si appropria di quelle braccia con metodi criminali.
La tradizione del diritto penale italiano difatti ci insegna che l’efficacia intimidatoria ,dissuasiva, dell’inasprimento punitivo è massima per reati come le violenze alle persone, ma anche nei confronti del crimine organizzato, della corruzione, dei delitti dei colletti bianchi e in generale della criminalità niente affatto necessitata dei ricchi e dei potenti, che prospera esattamente nella misura della sua impunità.
Certo si potrebbe prosciugare la piaga dello schiavismo contemporaneo immettendo nella società maggiore giustizia sociale, lavoro libero , diritti sociali e di cittadinanza. C’è chi questo obiettivo se lo pone come una ragione di vita ancor prima che come obiettivo della propria azione.
Ma la battaglia politica per affermare il diritto all’uguaglianza sostanziale dei cittadini, di tutti i cittadini, non può trascurare che l’ingiusto sistema che punisce i poveri e lascia immuni i ricchi e la criminalità è fattore di dissoluzione dello spirito pubblico e quindi elemento frenante per la rifondazione della legalità.
Dalla legalità bisognerà partire e non dall’innalzamento delle barricate a difesa dei meno colpevoli tra i colpevoli.
Se la legalità in senso stretto è la prima garanzia della libertà personale contro l’arbitrio del più forte, bisognerà sancire chi sta dal suo lato e chi dal lato opposto.
Questa pratica si chiama etica della responsabilità sociale e non prevede deroghe in nome di una moralità di parte
Possiamo metterci allora seriamente a discettere e a discernere sulla congruità degli indici di sfruttamento?
Compilare una classifica secondo la quale la “reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato” piuttosto che la ” reiterata violazione della normativa dell’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie” piuttosto che “la sussistenza di violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; piuttosto che “la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti”, possano per davvero corrispondere a “violazioni lievi e meramente formali di normative legali e contrattuali riguardanti aspetti non sostanziali del rapporto di lavoro?
Crediamo che esprimere queste opinioni da parte di una importante Organizzazione Datoriale quale è la Confagricoltura sia sbagliato, addirittura pericoloso poiché indulge al rallentamento del processo di responsabilizzazione delle imprese, sottostimando i danni che la deformazione del sistema produttivo produce sul sistema democratico e sulle istituzioni che lo governano.
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