Per tutta l’estate abbiamo cercato sia a livello locale che regionale (ma anche nazionale con le proposte di Patrizio Bianchi e della task force al Ministero dell’Istruzione) di indicare quale poteva essere una via alternativa ed efficace alla didattica a distanza che è una forma “minore” (per essere eufemistici) di apprendimento.
Avevamo indicato per i “piccoli” delle elementari l’integrazione alla didattica in aula (da Istruzione) con la didattica all’aperto (da Sperimentazione), che avrebbe consentito di avere gruppi più piccoli di alunni e quindi accrescere la sicurezza e anche la qualità della didattica. Questo avrebbe comportato (almeno per un periodo) più docenti, ma se c’è una cosa che oggi non manca sono i precari della scuola e i soldi per ristorare. Per questo ci eravamo battuti perché già a giugno ci fossero delle sperimentazioni in alcune scuole (almeno del Sud che erano senza contagi) in cui accanto al personale della scuola pubblica lavorassero gli educatori dei campi estivi, i quali ultimi hanno sempre lavorato mentre il personale pubblico no. Misteri e soprattutto scarsa volontà di sperimentare, innovare e di fare (che è da sempre il problema dell’Italia).
Alle superiori avevamo indicato (almeno per gli ultimi 3 anni) il potenziamento dell’alternanza studio-lavoro (che è stata dimezzata come fondi e orari negli ultimi 2 anni) in modo che gli studenti potessero fare una esperienza di qualità nelle imprese seguiti però da una nuova figura che avevamo indicato come “docente di accompagnamento” che avrebbe avuto il compito di individuare le imprese, realizzare gli abbinamenti e accompagnare lo studente all’interno della comunità di pratiche lavorativa con un apprendimento da Sperimentazione. Soluzioni che non sono, peraltro, finalizzate nel periodo del Covid, ma primi passi per una scuola più efficace che innalza la sua qualità e quindi riforme strutturali in modo da coniugare la maggiore spesa pubblica con il rilancio del Paese.
Ciò avrebbe ridotto il problema degli assembramenti sui trasporti su cui il Cds ha lavorato sin dagli anni ’80 con una ricerca, commissionata da ACFT, su come sfalsare gli orari delle scuole in entrata ed uscita proprio per favorire la fluidità del traffico nella città e creare, a parità di studenti trasportati (e bus), un maggiore servizio che oggi sarebbe cruciale perché vedrebbe meno studenti sui bus. Ma nessuno allora considerò la cosa interessante.
Alessandro D’Avenia spiega su Il Corriere che oggi gli studenti sono “demoralizzati, ma la loro tristezza non è però sintomo di un disagio psichico o mancanza di speranza, ma semplice mancanza di ‘carattere’, cioè di scelte”. E oggi uno dei problemi drammatici del nostro Apprendimento da Istruzione è che gli studenti non scelgono mai (al massimo studiano, ripetono, riflettono, fanno dei “like”), mentre nell’Apprendimento da Sperimentazione, nelle pratiche all’interno delle imprese, nel curare un orto, nel bosco e nelle attività all’aperto scelgono in continuazione. “Quando non scegliamo la vita si spegne perché smettiamo di rispondere alla realtà, non siamo più padroni dei nostri atti, ma prigionieri delle circostanze o delle aspettative altrui” scrive D’Avenia. Nella pratica dei Pil (Percorsi di Inserimento al Lavoro dei laureandi) alla domanda su “cosa apprezzavano di più del percorso verso il lavoro” gli studenti universitari rispondevano che non era il lavoro raggiunto (!), ma il poter per la prima volta “scegliere”, che li aveva “fatti crescere”. Erano quindi le continue scelte a cui i ragazzi erano “costretti” (scegliere se fare questo percorso volontario, scegliere con quale impresa fare il colloquio, scegliere dove andare a fare il tirocinio o il lavoro,…) che apprezzavano in particolare.
Torniamo ad educare il carattere dei nostri giovani: cioè a far praticare la libertà, cioè a farli scegliere, dando loro la responsabilità delle scelte e questo si può fare se integriamo l’Apprendimento da Istruzione con quello da Sperimentazione, come dicono gran parte degli esperti di apprendimento di tutto il mondo.
Ah, dimenticavo: i luoghi più sicuri contro l’infezione sono la Scuola e le Imprese.
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Andrea Gandini
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