Finalmente nella mia città un fine settimana come si deve. Non un assembramento ringhioso contro le misure anticovid, espressione incivile di un disagio profondo, che non trova adeguata, diversa risposta. Piccole iniziative, invece, dicono di una città nella quale i diritti di tutti vanno riconosciuti. E come tali c’è chi li sente.
29 ottobre, venerdì pomeriggio, in piazza municipio è la risposta alla bocciatura del Senato di un disegno di legge contro la discriminazione determinata da sesso, genere, orientamento sessuale. Una concittadina, segreteria nazionale di Arcigay, ricorda ai tanti intervenuti che una legge così era attesa da più di trent’anni. Una proposta era stata allora avanzata. Ci sono cittadine e cittadini che quotidianamente subiscono soprusi non per quello che fanno, ma per quello che sono. Se la libertà non è di tutti ci sono solo privilegi e soggezioni.
Sempre lo stesso giorno, ma alla sera, in una grande sala di fronte a un folto pubblico, Mediterranea sbarca a Ferrara. C’era già stata una prima volta a marzo per illustrare la propria attività. Denuncia la violazione dei diritti umani e si è assunta il difficile complito di monitore la situazione del Mediterraneo, con soccorso a chi vi si trova in pericolo. È un compito che la situazione dei paesi europei non agevola. Sostanzialmente non è mutata neppure in Italia, con il cambiare dei governi. Almeno non si assiste più all’oscena esultanza del Ministro dell’Interno per gli sbarchi impediti. È l’occasione di celebrare la formazione di un gruppo locale, uno degli equipaggi a terra, essenziali per l’attività degli equipaggi in mare.
30 ottobre, sabato mattina. È una piccola, privata, riunione rispetto a quelle ricordate. Per me è molto importante. Una dozzina di persone si incontrano, in maggioranza donne. Sono tutori volontari di minori stranieri non accompagnati. Si confrontano, partendo dalle loro concrete esperienze.
Sono riuniti in un’associazione, primo esempio in regione, nata da un corso di formazione e autoformazione del 2015. Da allora se n’è fatta di strada. Io sono invitato per l’accompagnamento che ho offerto sia nel primo che nel secondo corso e nella nascita dell’associazione. È un’attenzione che mi onora. L’associazione svolge un’opera di divulgazione e approfondimento sulla presenza dei minori, in particolare non accompagnati, tra i migranti. Anche quando lo sguardo si rivolge ad ambiti più generali – stamane è uscito il tema della tratta – sempre forte è il radicamento all’esperienza in corso. L’associazione si chiama Tutori nel Tempo,TnT, a significare che non vi è abbandono al passaggio alla maggiore età. È questo un momento particolarmente delicato. Cessa la protezione dovuta al minore e questi, da adulto, deve confrontarsi con le pessime leggi e disposizioni che in Italia – non solo in Italia – regolano immigrazione e condizione dello straniero.
Nel pomeriggio dello stesso sabato un corteo, con una forte partecipazione di giovani lavoratori africani, si forma nei pressi dello stadio. Viene rapidamente ricordato il giovane Yaya Yafa e le circostanze della sua morte sul lavoro. Poi parte un corteo che raggiunge la piazza municipale. Parole d’ordine: Giustizia per Yaya, Lottiamo insieme per i diritti di tutti i lavoratori, Lottiamo insieme contro le discriminazioni. La promozione è di Amici di Yaya, Comunità africana, Cittadini del mondo. C’è molta commozione.
Yaya ha solo 22 anni, una moglie e un figlio di pochi mesi da mantenere. È conosciuto da coetanei e famiglie, anche per la sua attività di calciatore in una squadra locale. Lavora come bracciante, iscritto alla Flai Cgil. Nella disoccupazione stagionale ha accettato un contratto di lavoro come facchino per sette giorni, o forse sarebbe meglio dire notti, all’interporto di Bologna. Proprio a metà del periodo muore schiacciato da un camion mentre è intento, nella notte del 21 ottobre, al carico e scarico di merci. L’inchiesta accerterà le responsabilità.
Quello che è certo è che le cosiddette morti bianche sembrano un bollettino di guerra, con i morti da una parte sola.
Il corteo si fa assemblea nella piazza municipale. Si susseguono ricordi di Yaya e testimonianze sulle condizioni di lavoro nell’Interporto dove il giovane ha trovato la morte. C’è anche un momento di preghiera proposto da un camionista: “Yaya per me era come un figlio. Era spesso a mangiare a casa mia. I miei familiari lo piangono. I morti sul lavoro vanno in paradiso”. Molto seguito e applaudito è l’intervento del segretario della Flai di Ferrara. Ricorda l’impegno del giovane nella ricerca di ogni occasione di lavoro. Dice dell’impegno sindacale per garantire dignità e sicurezza del lavoro, impedita da contratti brevissimi, senza alcuna formazione possibile. Ci sono contratti di un giorno, per persone contattate tramite Whastapp, dalla sera alla mattina.
Sono ragazzi prevalentemente africani, viene detto in diversi interventi. Accettano tutto – si dice – anche per il timore di non vedere rinnovato il permesso di soggiorno. “Bisogna rifiutarli, stare uniti. Hanno bisogno di noi. Possiamo spuntare contratti più degni”. In un grande striscione è scritto: “Protesta degli immigrati. Vivo qui, lavoro qui. Basta discriminazioni”. Così il pomeriggio del sabato si salda, contro una diversa non meno odiosa discriminazione, al giorno precedente.
Questo articolo è uscito ieri, 1 novembre, sull’edizione online di Azione nonviolenta
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Daniele Lugli
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