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Sono una persona fortunata. Non sono obbligato a scrivere tutti i giorni: quindi posso farlo solo quando ho qualcosa da dire. Non sono obbligato ad esprimere un’ opinione su tutto: quindi posso scrivere solo di cose che so, o su cui mi sono adeguatamente documentato. Non lavoro per un padrone che ha interessi dappertutto: quindi posso esprimermi liberamente. Non ho pubblicato un romanzo di grande successo: quindi posso evitare il rischio di prendermi terribilmente sul serio. Non sono incline alla prostituzione intellettuale: quindi posso evitare di riabilitare la figura di un sanguinario nazista ucraino perché ha scritto su Facebook che vuol bene ai bambini.

Per uscire dalla nausea, cerco di consolarmi. La polarizzazione bellica di questi giorni mi porta a ragionare come se fossi in guerra anch’io, e allora penso: sono fortunato anche perché scrivo in Occidente. Se fossi dall’altra parte non potrei scrivere di ciò che conta davvero, se non a prezzo della mia incolumità. Poi penso a Julian Assange, a Stefania Maurizi, a Edward Snowden, a Peppino Impastato, a Rosaria Capacchione, a Roberto Saviano, che scrivono tutti da Occidente, scrivono di ciò che conta davvero, e sono in carcere, sotto scorta, o già morti ammazzati. Certo, non solo ad opera dello Stato, ma (ufficialmente) nemmeno Anna Politkovskaja è morta per mano di Putin.

Infatti a quanto pare non è un problema di Oriente vs. Occidente. Notavo che nel rapporto di Reporter Senza Frontiere (qui) sulla libertà di stampa (basato sul numero delle aggressioni e arresti a giornalisti, e sul numero di professionisti sotto protezione, sull’ indipendenza dei media, sul dileggio dei governi ai giornalisti, sull’ autocensura, la legislazione, la trasparenza, le infrastrutture e gli abusi), ai primi quattro posti ci sono Norvegia, Finlandia, Svezia e Danimarca (magica Scandinavia). L’Italia è alla posizione numero 41, gli Stati Uniti alla numero 44, il Brasile alla 111, la Russia alla numero 150. Ultima, alla posizione 170, l’Arabia Saudita, grande alleata degli Stati Uniti, quella del rinascimento di cui parla Matteo Renzi.

Vien da dire: c’è del marcio, ma non in Danimarca.

 

Fintanto che non scrivo di governo, religione, politica, e altre istituzioni, sono libero di stampare qualsiasi cosa“.

Pierre Augustin Caron de Beaumarchais

 

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it