Cattani: “Investire per superare la crisi. Carife? Un fallimento politico”
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“Dalla crisi si esce se rilanciamo il volano degli investimenti”. Così Luigi Cattani, una vita nel sindacato, immagina la fine del tunnel che ci attraversa: “La soluzione – spiega – non sta certo in una maggiore flessibilità contrattuale, da 15 anni battiamo questa strada e i risultati… si vedono! C’è a monte certamente un problema di ambiguità del quadro di riferimento, 47 normative che disciplinano il mercato del lavoro dentro le quali ci sta tutto e il suo contrario. Ma un conto è semplificare e razionalizzare, altro è avere mano libera come pretenderebbero gli imprenditori per cancellare ogni forma di regolamentazione e seppellire una volta per tutte i contratti collettivi”.
Gli imprenditori però sostengono che la flessibilità favorirebbe una maggiore fluidità anche in ingresso nel mercato del lavoro…
“E infatti la disoccupazione ha raggiunto punte record, specie quella giovanile! Certo, molta parte di responsabilità va ascritta alla crisi. Ma c’è anche una chiave di interpretazione diversa: nonostante l’introduzione di numerose forme di contratti atipici la realtà documenta un aumento medio dell’orario settimanale di lavoro a 47/48 ore. Il lavoro si concentra sugli occupati. Questo significa che la medicina della flessibilità ha fallito clamorosamente il suo obiettivo”.
Resta il fatto che per investire servono i capitali. E le banche nicchiano.
Qui la situazione è al limite della legalità. Gli istituti ricevono denaro con un tasso di interesse dello 0,25% e prestano normalmente al 7/8%. Quando prestano…”
C’è chi immagina che la soluzione sia uscire dall’Euro così, svalutando, si recupera competitività e al contempo, in un regime di autarchia, ci si affranca dai rigidi vincoli alla spesa imposti dall’Unione europea.
“La storia dell’Euro è il solito modo per non affrontare i problemi: l’Italia deve sì rivendicare una maggiore elasticità nei vincoli di spesa dai quali rischia di rimanere strangolata, ma non risolverà i suoi guai isolandosi. Penso piuttosto che la Banca centrale europea, oltre che stampare moneta per il circuito bancario il quale poi la gestisce con le storture indicate, dovrebbe anche stampare moneta immediatamente trasferibile ai cittadini tramite lo Stato”.
In che maniera?
“Per esempio attraverso forme dirette di sostegno o di finanziamento agevolato a progetti. E un pool di banche, debitamente disciplinate, dovrebbero accantonare la propensione commerciale per recuperare quella di servizio e di supporto all’impresa e ai cittadini”.
Come del resto sarebbe nella natura delle banche popolari e delle casse di risparmio, tipo Carife…
“Già, la Carife però, ormai da decenni, ha smesso di fare ciò che lo statuto le imporrebbe. Ha puntato tutto sulle sulle grandi imprese benevise dal potere politico trascurando le piccole e medie”.
E a proposito di Carife, quali sono le ragioni del tracollo?
“Alla base c’è il fallimento di una strategia sbagliata, quella di puntare sull’industria del mattone, indotta dalle intrusioni di una classe politica miope. I crolli della Coop Costruttori e poi della Cir di Mascellani si sono tirati dietro anche la Cassa di risparmio. Paradossalmente, a doversi fare carico del problema in primis sono i lavoratori, con licenziamenti e riduzione dei salari. E poi ci sono gli azionisti, spesso piccoli risparmiatori che hanno investito parte dei loro risparmi in quote che oggi hanno perso gran parte del loro valore”.
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Sergio Gessi
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