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di Roberta Trucco

Che ne è della richiesta di dialogo di più di due milioni di catalani? Che ne è della vicenda catalana se non un braccio di ferro tra un pugno di pochi uomini? Due milioni non sono numeri ma persone!
La politica, in generale, e Rajoy in particolare, oggi mostrano tutto il loro fallimento. Vorrei ricordare a Vergas llosa, grande scrittore che nel suo discorso a Madrid ha fatto della democrazia una questione solo di numeri e di legge – quella di un padre che non si discute! – che dietro a quei numeri ci sono tante storie e la democrazia è fatta dalle storie delle persone e non da pochi leader. Lui che vive del racconto delle vicende umane dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro.

Personalmente sostengo il coraggio di molti catalani che hanno scelto la disobbedienza civile per mostrare lo stato di alienazione in cui versano i cittadini di uno stato-nazione. Il silenzio assordante delle nostre istituzioni democratiche di fronte alle contraddizioni, ormai insostenibili, del nostro sistema palesa l’inadeguatezza di questa democrazia. Questo succede non solo in Spagna, ma anche in Europa. È vero, la situazione catalana è molto preoccupante, potrebbe sfociare in un’escalation di violenza, ma per non correre rischi è sempre meglio chiudere al dialogo e applicare la legge? O forse la legge deve evolversi con la storia?

La disobbedienza civile è stata sostenuta da grandi leader che hanno guidato le nazioni verso il loro stesso riconoscimento, e non senza spargimento di sangue purtroppo, penso per esempio a Gandhi. Per quanto riguarda invece la tragedia greca, Antigone è forse il più coraggioso esempio di disobbedienza civile. È a lei che si potrebbe volgere lo sguardo oggi, perché può ispirare molti.
C’è una legge inscritta nell’essere umano che in alcuni momenti diventa guida insopprimibile, più forte delle regole umane che ci siamo dati o che ci hanno dato. Il nazionalismo positivo e femminista che promuove Teresa Forcades, monaca catalana benedettina, si fonda su questa legge interiore. La nazione, la cui etimologia viene da nascere, ci dà – come una madre – cose che non abbiamo scelto, ma che ci dicono chi siamo e da dove veniamo. Accettare che il potere centrale, in nome della governabilità, extrema ratio molto maschile, la cancelli ci alienerà ancora di più da noi stessi.
Curiosamente la battaglia di alcuni cittadini catalani e quella di molte femministe che si battono contro la pratica della maternità surrogata, sembrano avere una radice comune, la cancellazione della madre, e sembrano individuare nella perversione del sistema, basato sulla mercificazione di ogni cosa compreso i nostri corpi, la causa che aliena l’uomo a se stesso.
Di fronte a un potere così ottuso, interessato solo alla salvaguardia di un falso benessere economico e al mantenimento dello status quo, non restano che la disobbedienza civile e il femminismo.

Note sull’autrice Roberta Trucco
Classe 1966, genovese doc (nel senso di cittadina innamorata della sua città), felicemente sposata e madre di quattro figli. Laureata in lettere e filosofia. Da sempre ritengo che il lavoro di cura non si limiti all’ambito domestico, ma debba investire il discorso politico sulla città. Per questo è impegnata in un percorso di ricerca personale e d’impegno civico, in particolare sui contributi delle donne e sui diritti di cittadinanza dei bambini.
Da alcuni anni dipinge con passione, totalmente autodidatta. Intende contribuire alla svolta epocale che stiamo vivendo con la propria creatività unita a quelle delle altre straordinarie donne incontrate nella splendida piazza del 13 febbraio 2011 di Se non ora quando. Credente, definita dentro la comunità una simpatica eretica, e convinta che niente succede per caso.

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