Carceri, protocollo per misure mirate all’umanizzazione della pena e al reinserimento sociale
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da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna
Bologna – Pene scontate in una dimensione più “umana” e dignitosa, puntando anche a un maggiore reinserimento sociale dei detenuti. E’, in estrema sintesi, l’obiettivo del protocollo operativo che integra un precedente documento d’intesa tra il Ministero della Giustizia e la Regione Emilia-Romagna. Il nuovo protocollo è stato siglato oggi a Bologna, in viale Aldo Moro, dal ministro Annamaria Cancellieri e dal presidente della giunta Vasco Errani.
“Sono convinta – ha dichiarato Cancellieri – che con l’Emilia-Romagna, anche attraverso questo protocollo, si possa costruire qualcosa di importante: qui c’è l’humus giusto, in termini giuridici, sociali, per portare a compimento nel nostro Paese certi processi di maturazione”.
Un protocollo “che si inserisce in un percorso già in essere – ha ricordato Errani – , con il coinvolgimento di Regione ed enti locali, e che si pone un obiettivo ambizioso, non semplice ma indispensabile: garantire una qualità della vita migliore all’interno delle carceri, con un’attenzione particolare per i soggetti più fragili, e costruire percorsi di reinserimento nella società, a partire dalla formazione professionale”.
Alla firma erano presenti anche Giovanni Tamburino (capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria), Roberto Mazza (Tribunale di Sorveglianza di Bologna), Pietro Buffa (provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria), e gli assessori regionali Teresa Marzocchi (Politiche sociali) e Patrizio Bianchi (Formazione professionale).
Il protocollo durerà tre anni; la realizzazione dei progetti è subordinata al co-finanziamento, fino a 1 milione di euro (circa 300mila euro l’anno), da parte della Cassa delle Ammende, mentre la previsione di impegno annuale, da parte della Regione, è di 500mila euro sul Fondo sociale europeo (per la formazione professionale dei detenuti) e di 550mila euro per le attività di carattere sociale.
Il protocollo, in sintesi
Detenuti in condizioni di particolare fragilità
All’interno delle strutture presenti sul territorio regionale, sono presenti alcune categorie di persone (con problemi di dipendenza, di disagio mentale, transessuali, autori di reato a sfondo sessuale, disabili, donne con figli minori) e altre che, per le loro caratteristiche di particolare fragilità, hanno bisogno di interventi di particolare valenza. A questo proposito i firmatari concordano sulla necessità di collaborare insieme per la ricerca di risorse umane, tecniche e finanziarie e per la sensibilizzazione di enti pubblici e privati che possano offrire un contributo qualificato nell’assistenza dei soggetti fragili detenuti.
Gli stranieri
Sono necessarie inoltre – vista l’alta incidenza di cittadini stranieri all’interno degli istituti penitenziari dell’Emilia-Romagna – misure specifiche, in particolare rispetto all’apprendimento della lingua italiana e alla mediazione culturale. I firmatari si impegnano inoltre a promuovere programmi di rimpatrio assistito e a favorirne l’accesso da parte dei detenuti che abbiano i requisiti necessari.
Formazione professionale e lavoro
La formazione professionale e l’attività lavorativa rappresentano un elemento fondamentale nell’esperienza dei detenuti, finalizzata al reinserimento sociale. La Regione e il Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria si impegnano a individuare periodicamente i fabbisogni di formazione professionale della popolazione carceraria, tenendo conto delle possibilità di sviluppi lavorativi. Regione e Provveditorato, infatti, nell’ambito dei comitati locali per l’esecuzione penale adulti, condividono con gli assessorati provinciali e comunali competenti l’elaborazione e l’implementazione dei periodici piani programmatici, che dovranno tenere conto della dislocazione dei plessi penitenziari idonei a gestire adeguatamente i processi formativi.
Misure alternative alla detenzione e reinserimento
I firmatari del protocollo condividono il principio secondo cui il carcere non rappresenta l’unica esperienza penale possibile, e concordano nel supportare misure alternative alla detenzione attraverso azioni orientate al reinserimento della persona ristretta nel tessuto socio-economico esterno. A questo fine c’è l’impegno a sostenere progetti e azioni finalizzate all’accoglienza del detenuto nel territorio di residenza attraverso percorsi di inserimento abitativo e orientamento al lavoro, in particolare per le persone prive di risorse economiche e familiari.
Il Provveditorato, la Regione, i singoli istituti e gli Uffici Esecuzione penale esterna che saranno individuati, in collaborazione con gli enti locali, si impegnano a sottoporre alla Cassa delle Ammende (Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero) il co-finanziamento di progetti che possano consentire l’accesso a misure alternative in favore di coloro che, per situazione sociale, familiare ed economica, non siano nelle condizioni di essere ammessi. La Regione si impegna, anche utilizzando le reti di volontariato presenti sul territorio e già coinvolte in progetti in corso, a definire strumenti e percorsi per la realizzazione – nei tre anni successivi alla sottoscrizione del protocollo – di almeno quattro esperienze progettuali di questo tipo diffuse nel territorio.
Carceri in Emilia-Romagna: i numeri
Detenuti. Nei 12 istituti penitenziari della regione sono presenti 3.706 detenuti secondo i dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) aggiornati al 30 aprile 2013. Di questi, le donne sono il 4% e gli stranieri il 51,6%. Il 37% è in attesa di sentenza definitiva (1.373 detenuti), di cui quasi la metà in attesa del primo giudizio. Gli ingressi nel 2012 sono stati 4.011.
Sovraffollamento. Il numero dei detenuti supera di oltre 1.300 unità la capienza regolamentare delle carceri, con un tasso di affollamento pari a 154 detenuti per ogni 100 posti letto (la media europea è di 107 detenuti).
Condanne e reati. I condannati con sentenza definitiva sono 2.114 (Dap al 30 aprile 2013). I reati più diffusi sono quelli contro il patrimonio, contro la persona e contro la legge sulla droga (questi ultimi sono commessi principalmente da stranieri).
Figli. Al 31 dicembre 2012 nelle carceri della regione era presente una detenuta madre con un figlio all’interno dell’istituto.
Misure alternative. Le condanne non si scontano solo in carcere: nel 2012 sono state 1.522 le persone che hanno usufruito di misure diverse rispetto alla detenzione. Sono infatti 423 i condannati in affidamento in prova ai servizi sociali, 267 gli affidati tossicodipendenti e 444 quelli in detenzione domiciliare (misure alternative), 220 quelli in libertà vigilata (misure di sicurezza) e 168 i lavori di pubblica utilità (misure sostitutive).
Detenuti usciti per effetto della legge 199/2010. In Italia sono oltre 10mila i detenuti usciti dagli istituti penitenziari ex legge 199/2010 dall’entrata in vigore al 31 maggio 2013, di cui 696 donne e 3.077 stranieri. In regione sono 328 i detenuti usciti con questa normativa: 36 le donne, 157 gli stranieri (di cui 15 donne).
Lavoro. Nel 2012 sono 651 i detenuti che hanno lavorato alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria (poco meno del 20% del totale) di cui 301 stranieri. Poco più del 3% sono i detenuti che lavorano non alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, di cui la metà stranieri. Su 110 detenuti i semiliberi sono 38 (di cui 3 lavorano in proprio e 35 (per datori di lavoro esterni), quelli che lavorano all’esterno ex articolo 21 sono 31, mentre sono 41 quelli che lavorano in istituto per conto di imprese (25) e cooperative (16).
Opg. Rientrano nella popolazione carceraria anche gli internati nell’Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Reggio Emilia, dove vengono reclusi i detenuti con infermità psichica. Al 31 dicembre 2012 le presenze nell’Opg sono 173, di cui 88 provenienti dalle regioni di bacino (25 gli emiliano-romagnoli), 65 da quelle extrabacino (34 i lombardi) e 20 i senza fissa dimora. E’ prevista per il 31 marzo 2014 la chiusura definitiva degli Opg in Italia. La Regione Emilia-Romagna ha avviato un programma per il definitivo superamento di queste strutture attraverso la costruzione di Residenze esecuzione misure di sicurezza (Rems) come indicato dalla Legge 9/2012.
Condizioni sanitarie. Circa il 70% dei detenuti ha problemi di salute. Il 60% fuma. Quasi il 30% ha una diagnosi specifica di tossicodipendenza. Nel 2008 tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento di giustizia minorile sono state trasferite al Servizio sanitario nazionale (Ssn), comprese quelle che riguardano il rimborso alle comunità terapeutiche per i tossicodipendenti e per i minori affetti da disturbi psichici. Le funzioni trasferite sono garantite dalle Regioni attraverso le Aziende sanitarie locali. Nel 2012 la Regione Emilia-Romagna ha destinato 17 milioni di euro alla sanità penitenziaria, coprendo con proprie risorse le spese sostenute dalle Ausl.
Suicidi in carcere. Nel 2012 i suicidi nelle carceri regionali sono diminuiti passando da 6 a 3 (anche il valore nazionale è in calo, passando dai 63 del 2011 ai 56 del 2012), 157 gli episodi di autolesionismo.
Minori e carcere. I minori che violano il codice penale sono sottoposti al sistema della giustizia e devono scontare una pena in istituti o comunità. Nel 2011 sono stati 103 gli ingressi nell’Istituto penale per minorenni di Bologna (12 posti), mentre nel Centro di prima accoglienza sono stati 109 nel 2012 e 147 quelli nella Comunità ministeriale (per le misure sostitutive o alternative alla detenzione, messa alla prova, misure di sicurezza o cautelare).
Il lavoro di pubblica utilità. Rappresenta una sanzione sostitutiva della pena detentiva attraverso la prestazione di un’attività volontaria e non retribuita a favore della collettività. Al 31 dicembre 2012 le persone ammesse ai Lpu sono 168, quasi tutti per la violazione dell’articolo 186 del Codice della strada (Guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti).
Volontariato nelle carceri. Oltre 500 i volontari e gli operatori all’interno delle strutture carcerarie regionali attraverso 44 realtà (dati aggiornati al 2012). La mappatura è stata realizzata con il progetto “Cittadini per sempre”.
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