Oggi è il 24 novembre e visto che le notizie sono prevedibilissime, noiose e incommentabili mi pare giusto sbattermene di tutto e fare gli auguri a un personaggio secondo me fondamentale: Candy Darling.
Oggi infatti ne farebbe un numero imprecisato.
Imprecisato perché stando a testimonianze di chi la conosceva bene non siamo molto certi sul suo anno di nascita.
Abbiamo altre certezze però.
Candy è stata: superstar della Factory, avanguardia in quel campo che ora tutti chiamano questioni-di-genere, quindi attrice – compare persino in La Mortadella di Monicelli – musa dei Velvet Underground e quindi del sempre attento e presente Andy.
Come il 90% del mondo io ho saputo della sua esistenza ascoltando Walk On The Wild Side.
Ma la volta in cui mi sono intrippato è stata la prima volta che ho messo su il terzo album dei VU, il loro primo disco “calmo” che inizia appunto con Candy Says.
Tutta colpa di quegli accordi, di quei coretti e soprattutto di quell’incipit:
Candy says I’ve come to hate my body and all that it requires in this world.
Mi ha abbastanza steso.
Forse mi sono fatto anche un piantino ma magari mi confondo con altre volte che quel pezzo mi spacca sempre in due.
Di sicuro mi sono fatto un sacco di domande.
Da lì scoprii che Candy nacque come James Lawrence Slattery nel Queens, in una famiglia abbastanza tosta con tanto di padre violento e alcolizzato, forse nel 1944.
Passò l’infanzia e l’adolescenza a guardare e riguardare vecchi classiconi di Hollywood, cercando di imitare dive come Joan Bennett e Kim Novak.
E lì, e anche da un commesso di un negozio di scarpe, scoprì la sua vocazione al crossdressing.
E ovviamente quel periodo non era il massimo se avevi quella vocazione.
Ma Candy era decisamente più tosta del Queens e della sua famiglia.
Iniziò a farsi chiamare così nel 1963/64, sembra in omaggio ad un’attrice e fu uno dei primi ragazzi a farsi fare iniezioni di ormoni femminili.
Nel 1967 Warhol la notò durante uno spettacolo teatrale (nel cast c’era anche un giovane De Niro in ben sei ruoli diversi) e la scritturò per Flesh lanciandola di fatto nel cinema.
Dal 1968 fece praticamente un film all’anno fino al 1974, anno in cui morì per un linfoma, all’età di 29 anni.
Sul suo letto scrisse queste parole in una lettera:
“Unfortunately before my death I had no desire left for life… I am just so bored by everything. You might say bored to death. Did you know I couldn’t last. I always knew it. I wish I could meet you all again.”
Una roba che personalmenre mi stende come quel pezzo e mi costringe di nuovo a farmi delle domande.
Proseguendo con le certezze sappiamo che al suo funerale, l’orazione funebre fu letta da Julie Newmar, la Catwoman del vecchio Batman televisivo.
E proseguendo con i forse si dice che Gloria Swanson fosse lì a salutare la bara.
Vero o no io ci credo ciecamente.
Così, per oggi tanti auguri a Candy.
E direi che a chiudere il cerchio è d’obbligo quello che secondo me non solo è il miglior omaggio a questo personaggio ma anche una delle canzoni più belle che siano mai state scritte.
PS:
Nel 2010 è uscito un documentario su di lei, Beautiful Candy.
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Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3
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