Mad Man Moon (Genesis, 1976)
Luna piena, dopo la mezzanotte. Cielo sereno, brezza tiepida e leggera.
La questione della psiche è argomento ricorrente nei discorsi di mio fratello, e devo dire che mi suscita sempre grande interesse. Ma, proprio mentre sto per fargli l’ennesima domanda, mi zittisce ancor prima che possa aprir bocca.
«Aspetta!» esclama fermandosi di colpo, «Credo che ci siamo»
«Siamo arrivati? Non vedo ancora niente» ammetto io, mentre cerco d’allungare lo sguardo oltre la boscaglia davanti a noi.
«Oltre quegli alberi c’è il campo che confina col cimitero. Se l’attraversiamo rischiamo di farci scoprire… Dobbiamo deviare da quella parte, dove la vegetazione è più fitta» spiega, poi indica un punto del bosco in cui le querce secolari son così vicine tra loro che i grossi rami s’abbracciano in un interminabile groviglio e le chiome degli alberi formano un immenso ammasso verde scuro.
È la parte più antica della foresta, ombrosa e assai inquietante nell’aspetto. In quel punto la luce è scarsa anche di giorno ed è impossibile scorgere il cielo, ma è perfetta per potersi avvicinare senza esser visti.
Senza far rumore ci avviciniamo al margine della vasta area cimiteriale. Strisciamo tra i cespugli e intanto vediamo le prime tombe spuntare a pochi passi da noi, son sparpagliate e man mano sempre più numerose.
Ora siamo dentro il cimitero. È come trovarsi in un altro bosco, non fatto d’alberi ma di grosse lapidi spigolose e antiche cappelle diroccate.
«Stai attento!», bisbiglia mio fratello, «Potrebbero essere qua intorno… Restiamo ai margini del querceto, dietro quelle siepi laggiù. Se ci sono, si dovrebbero vedere!»
Lo seguo senza fiatare, la tensione è alle stelle. Aggiriamo una fila di stoppie ammucchiate che in quel tratto delimita il confine del cimitero. Sento il rumore dei nostri passi sulla paglia… poi sento qualcos’altro, qualcosa che proviene dal centro del cimitero.
È un rumore d’altri passi, strascicati, innumerevoli…
«Sono loro… sono arrivati!» sussurra mio fratello. Gli trema la voce. Dovrebbe esserci abituato, sono anni che gestisce queste cose, ma vedere un morto che cammina al chiaro di luna fa sempre un certo effetto. Peggio quando sono decine e decine.
I morti della luna. Escono nelle notti di plenilunio e s’aggirano nel mondo dei vivi quando i vivi dormono. Mio fratello, incaricato di sorvegliarli con discrezione, me l’aveva confidato durante un sogno fatto qualche tempo fa. Appena ho potuto l’ho seguito, e lui m’ha portato nel luogo in cui li avremmo trovati.
Non ho paura. Perché avere paura dei morti in fondo? Cosa potrebbero mai farmi?
Loro non vogliono far altro che rivedere i luoghi che han lasciato. Lo fanno per nostalgia, approfittando della luna piena e della sua magia. Potente ed effimera quanto basta acché nessun vivo s’accorga di nulla e si metta a far casino rovinando tutto come al solito.
Perché si sa… Son sempre i vivi a combinar guai, i morti mai!
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Carlo Tassi
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