di Franco Bastelli
Ci sono molte ragioni che spingono al superamento del bicameralismo perfetto, fra le meno importanti le indennità dei Senatori. Si badi, non per salvaguardare i costi della politica e di tutto l’apparato politico, ma perché, o la riforma del Senato diventerà metafora del rapporto fra cittadini e Stato, o non sarà. Purtroppo che parte della discussione verta sull’elezione diretta o secondaria dei Senatori è francamente risibile. La questione da dirimere è se, il bicameralismo perfetto, sia ancora funzionale alla democrazia rappresentativa e alle esigenze di governo.
Ogni decisione che si prende, Governo o Parlamento che sia, perché sia efficace, ha bisogno di rapidità e semplicità di norme. La società reclama certezze, il bicameralismo perfetto, col suo palleggiarsi le leggi, è antitetico queste esigenze ciò sembrerebbe acquisito, ma. Rapidità, perché ogni ritardo produce altro ritardo, e ogni ritardo produce la ricerca di soluzioni eterodosse attraverso i meandri della burocrazia. La farraginosità delle norme è l’interstizio più importante in cui si fa strada la corruzione. E’ questo il vero problema, non l’indennità del Parlamentare, o l’elezione diretta. Il resto è bieca propaganda.
Ma se c’è consenso con l’obiettivo perché è tutto bloccato? Mi pare che la procedura seguita da Renzi – cambiare natura al Senato – non sia la migliore. Ma non per le ragioni che adduce Scalfari domenica 11 maggio: la supposta incompatibilità fra formazione dell’assemblea e compiti della stessa (controllo sull’operato degli enti territoriali). Scalfari sostiene che così controllato e il controllore si sovrapporrebbero e ciò sarebbe inammissibile. In astratto ha ragione, ma nella fattispecie, non mi pare pertinente (abbiamo, peraltro, già istituzioni che funzionano così: il Consiglio superiore della Magistratura, ad esempio). In Senato, i territori entrerebbero in conflitto d’interesse fra loro, soprattutto con l’attuale regime di finanza derivata e, ancor più, se dovesse prendere piede la fiscalità federata, in cui ogni territorio deve andarsi a cercare soldi dei propri investimenti. No! Questo non mi pare un pericolo, e non riesco ad immaginare territori con amministrazioni di diverso colore, che si corporativizzano fino a divenire una sorta di Stato parallelo.
Ma la soluzione non è neppure l’elezione diretta dei senatori, proposta da Vannino Chiti. Non diversamente dalla proposta Renzi, la proposta Chiti prevede che al Senato restino solo compiti marginali. Ha senso chiamare in causa direttamente il popolo per eleggere senatori nazionali senza il compito di dare la fiducia, senza il compito di approvare le leggi nazionali? Così, mentre, nella proposta del governo, avremmo nel Senato una camera “derivata”, in quella Chiti avremmo solo una camera minore.
L’errore di questa discussione sta nel cercare di “cambiare” la natura del Senato. E’ una partita in cui tutto gioca contro: dai Senatori, ai funzionari, a pezzi dei partiti. Ognuno penserà di avere il cambiamento migliore da proporre e troverà, per strada, alleanze forti, diverse e variamente intrecciate. Ed è vero che un Senato eletto in secondo grado è, oggettivamente, poco credibile anche nelle nuove funzioni di complemento. Il rischio dell’impasse è dietro l’angolo. E sarebbe un’altra occasione perduta e una vittoria per l’antipolitica.
Credo valga la pena, a questo punto, tagliare corto proponendo l’abolizione tout-court della Camera Alta. Maria Teresa Meli, a questa soluzione, oppone un’obiezione non banale: nella Costituzione sono circa 40 gli articoli che richiamano al Senato; ciò presupporrebbe una revisione profonda e difficilissima della Costituzione. Credo, però che, se si trovasse l’intesa sulla questione principale, una norma transitoria consentirebbe tempi più lunghi e sereni di revisione testuale della Costituzione evitando vuoti e conflitti costituzionali e proposte tese a bloccare tutto.
Mi si dirà, ma salterebbe il rapporto con gli enti territoriali previsto nella soluzione Renzi. La Conferenza Stato-Regioni, debitamente riformata e istituzionalizzata, potrebbe tranquillamente assolver il compito senza vuoti. Vedremo l’alba di questa riforma? Se il dibattito continuerà su questo piano ne dubito! E non si illuda Renzi, non è mutuando il linguaggio di Grillo, come qua e là emerge, che otterrà il consenso politico necessario a isolare chi ha interesse a tenere tutto bloccato.
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Redazione di Periscopio
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