Il primo giorno di scuola è impresso solitamente nella memoria di ciascuno di noi come momento che fa da spartiacque tra l’infanzia e l’ingresso nel mondo della socializzazione via via più adulta.
A questo giorno possono legarsi immagini positive, di curiosità per il nuovo ambiente, i nuovi compagni e le insegnanti, oppure di angoscia, soprattutto per il distacco dalla figura materna o da chi si è maggiormente occupato del bambino. C’è chi si ritrova da solo in una nuova classe o chi prosegue il suo percorso scolastico con alcuni compagni della scuola materna.
Se il bambino non ha frequentato la scuola dell’infanzia il distacco può essere vissuto in maniera davvero drammatica e cristallizzarsi nella mente come momento assolutamente negativo e da evitare, rendendo la scuola un vero e proprio calvario.
Importanti sono anche le emozioni che vivono i genitori rispetto a questo nuovo inizio, emozioni che verranno trasmesse al bambino, anche se non verbalizzate, e che si trasformeranno in significanti che il bambino porterà con sé per sempre.
Genitori ansiosi rendono difficile il distacco e l’ingresso nel “nuovo mondo”. Il genitore può caricare di aspettative eccessive il bambino e questo carico può trasformarsi per lui in peso difficilmente gestibile, dando inizio a varie forme di ansia. Mi capita di ascoltare adulti che riferiscono di episodi di vomito inspiegati durante le elementari: sono proprio il segno di una difficoltà di distacco e di una mal gestione dell’ansia da prestazione, segno di un’insicurezza che può minare l’autostima.
Io ricordo vividamente il mio primo giorno delle elementari, la preparazione di quella mattina. La scelta del vestito mettere, la curiosità di vedere chi avrei incontrato e l’emozione di portare con me quel giorno tutte cose nuove: il diario, la cartella, i quaderni, minuziosamente scelti insieme alla mamma nelle settimane precedenti l’evento.
Ricordo l’espressione del bambino che scelsi come compagno di banco. Si chiamava Luca e aveva uno sguardo intimorito che io non riuscivo a capire allora, ma che oggi riesco a comprendere. Era timido, silenzioso, impacciato e restava immobile nel punto in cui la mamma lo aveva lasciato. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e le mani sudate.
Mi avvicinai a Luca, gli presi la mano e lo accompagnai a quello che sarebbe stato il nostro banco.
La cosa straordinaria è che, oltre a questa immagine nitida del primo giorno di scuola, io non ho nessun altro ricordo di questo bambino, la sua immagine si perde nel tempo. So che ha frequentato con me solo il primo anno e poi ha cambiato scuola. Questo per dire quanto può rimanere impresso un giorno e possono invece passare inosservati gli altri.
In questi giorni su facebook mi è capitato di leggere gli innumerevoli post di genitori emozionati per l’inizio della scuola. E se da un lato comprendo che si rivivono le proprie emozioni, dall’altro percepisco una con-fusione con il proprio figlio che non lascia spazio allo stesso. Se sono io a emozionarmi in maniera così eccessiva per un’esperienza che non vivo in prima persona, ma riflessa negli occhi di mio figlio, che emozioni lascio a lui da provare?
Occorre fare attenzione a non proiettare sui propri figli i propri desideri, pensando che ci sia un continuum tra noi e loro. Occorre lasciar loro lo spazio affinché possano capire e sviluppare le proprie passioni.
Chiara Baratelli è psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali.
baratellichiara@gmail.com
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Chiara Baratelli
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