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Si avvicina il Natale e noi della redazione di FerraraItalia abbiamo pensato a un regalo per voi che ci leggete da ormai più di un anno. Fin dall’inizio abbiamo cercato di raccontarvi giorno per giorno storie e vicende da un punto di vista inusuale, così abbiamo immaginato un originale calendario dell’Avvento letterario, attraverso il quale ogni giorno da qui al 24 dicembre proporremo un racconto, una fiaba, un aneddoto, una poesia, una filastrocca, che parli del Natale.

Partiamo dunque dal principio: dall’Annunciazione. Ma lo facciamo, appunto, da una prospettiva particolare: attraverso la testimonianza di Maria. Non l’icona sacra, non l’Annunciata quasi imperturbabile di Antonello da Messina, ma Miriam, la fanciulla ebrea di Galilea che avrà il coraggio di essere vergine e madre, figlia del suo Figlio. A dar voce a Miriam/Maria, “operaia della natività” e “fabbrica di scintille”, come lui stesso la descrive, è Erri De Luca nel delicato e dolcissimo piccolo grande racconto “In nome della madre” (Feltrinelli 2006).

«La voce del messaggero era arrivata insieme a un colpo d’aria. Mi ero alzata per chiudere le imposte e appena in piedi sono stata coperta da un vento, da una polvere celeste, da chiudere gli occhi. Il vento di marzo in Galilea viene da nord, dai monti del Libano e dal Golan. Porta bel tempo, fa sbattere le porte e gonfia la stuoia degli ingressi, che sembra incinta. In braccio a quel vento la voce e la figura di un uomo stavano davanti a me.
Nella nostra storia sacra gli angeli hanno un normale corpo umano, non li distingui. Si sa che sono loro quando se ne vanno. Lasciano un dono e pure una mancanza. Neanche Abramo li ha riconosciuti alle querce di Mamre, li ha presi per viandanti. Lasciano parole che sono semi, trasformano un corpo di donna in zolla di terra.
Ero in piedi e l’ho visto contro luce davanti alla finestra. Ho abbassato gli occhi che avevo riaperto. Sono sposa promessa e non devo guardare in faccia gli uomini. Le sue prime parole sul mio spavento sono state: “Shalom Miriam”. Prima che potessi gridare, chiamare aiuto contro lo sconosciuto, penetrato nella mia stanza, quelle parole mi hanno tenuto ferma: “Shalom Miriam”, quelle con cui Iosef si era rivolto a me nel giorno del fidanzamento. “Shalom lekhà” (Pace a te, ndr), avevo risposto allora. Ma oggi no, oggi non ho potuto staccare una sillaba dal labbro. Sono rimasta muta. Era tutta l’accoglienza che gli serviva, mi ha annunciato il figlio. Destinato a grandi cose, a salvezze, ma ho badato poco alle promesse. In corpo, nel mio grembo si era fatto spazio. Una piccola anfora di argilla ancora fresca si è posata nell’incavo del ventre».

Comincia così con “l’accensione della natività nel corpo femminile” il racconto di una gravidanza avventurosa, portata avanti da una ragazza che sceglie di sfidare ogni costume e ogni legge di allora e che ne avrà ragione.

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Federica Pezzoli



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