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Nasce come strenna per i bambini che anche i “grandi” dovrebbero leggere, questo racconto di Grazia Deledda pubblicato per la prima volta nel 1930 mescola la dolcezza di una fiaba – il ricordo di una bambina – a un personaggio biblico, un patriarca, un profeta.
Alla luce del camino acceso la vigilia di Natale le profezie di Mosè, corollario della sua straordinaria vita, diventano i racconti di Moisè, quel servitore dalle tante primavere che attraverso i suoi occhi e la sua esperienza racconta ai bambini curiosi che gli si radunano intorno disavventure della propria infanzia, come il nonno che racconta la storia della buona notte ai propri nipoti. Unendo, con delicatezza, descrittivi brani di vita della Vigilia e caratteristiche appartenenti alla tradizione sarda.

“Quando Moisè tornava a casa per Natale noi ci affollavamo attorno a lui per sentire le sue storie. Egli sulle prime si faceva pregare; preferiva insegnarci ad arrostire tra la brage le ghiande, che si gonfiavano e diventavano rosse e saporite come castagne; e ci diceva che in certi paesi della Sardegna si fa anche il pane di farina di ghiande, al quale si mescola una certa argilla che lo fa diventare più saporito e consistente; poi a furia di preghiere e di occhiate supplichevoli, si riusciva a fargli raccontare qualche storia. Seduti intorno al camino ove ardevano interi tronchi di quercia o intere radici di lentischio, nere e aggrovigliate come teste di Medusa, noi ascoltavamo attentamente. Era presto ancora per la grande cena, che si fa dopo il ritorno dalla messa di mezzanotte, alla quale noi però non assistevamo perché la notte di Natale è quasi sempre rigida e nelle notti rigide i ragazzi devono andare a letto; ma per noi e per tutti quelli che volevano mangiare senza profanare la vigilia veniva preparato un piatto speciale, di maccheroni conditi con salsa di noci pestate, e con questo e con le storie di Moisè ci contentavamo. Egli dunque soffiava sul fuoco con un bastone di ferro che era poi una vecchia canna d’archibugio; e raccontava.
Quando nacque Gesù, – egli diceva, – la gente era ancora buona e senza malizia; ma appunto perché gli uomini eran ingenui e avevan paura di tutto, il mondo era infestato di esseri maligni. […]
Gesù venne al mondo per liberarlo da tutti questi esseri maligni, e specialmente dai diavoli. […]
Gli uomini fabbo ancora una gran festa per ricordare la nascita di Gesù, loro liberatore; presso i popoli ancora patriarcali, come quello della Sardegna, la festa comincia veramente dopo la mezzanott, si prolunga fino all’alba, con canti, suoni, balli, e dura tutto il carnevale. In certi paesi la gente si porta da mangiare in chiesa, e dopo il «Gloria» tutti cominciano a sgretolare noci e mandorle…”.

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Giorgia Pizzirani

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