Il Natale è profondamente legato alle immagini tipiche del Nord, con le conifere che riposano sotto manti nevosi, le finestre illuminate nel lungo buio della giornata, il silenzio della natura e della fauna, il mare ghiacciato, quasi immobile nei fiordi, il rallentare degli esseri umani che si rifugiano al caldo di un camino, lontani dal rigore del freddo.
E il sapore del Natale emerge in tutta la sua intensità dalla penna di una grande scrittrice svedese, Selma Lagerlȍf (1858-1940), un’autrice d’altri tempi, ma sempre magicamente attuale. Una maestra di scuola elementare, che a 33 anni balza agli onori della letteratura con il suo primo romanzo, ‘La saga di Gȍsta Berling’, ritenuto uno dei capolavori della letteratura europea, pubblicato il giorno di Natale del 1891 a Stoccolma. Marguerite Yourcenar definì l’autrice “la più grande scrittrice dell’Ottocento” e quest’opera “un libro che brucia di un’immaginazione ardente, uno dei romanzi su cui costruiamo i castelli imperituri del sogno e della fantasia”. Selma Lagerlȍf fu la prima donna alla quale venne assegnato, nel 1909, il Premio Nobel per la letteratura con il quale la scrittrice riscattò e ristrutturò la casa di famiglia, venduta per un dissesto finanziario del padre. La medaglia d’oro del riconoscimento, fu da lei donata ai combattenti svedesi all’inizio della Seconda Guerra mondiale. Un personaggio molto amato, Selma, la cui effigie compare sulle banconote da 20 corone svedesi e a cui è stato perfino intitolato l’asteroide Lagerlȍf.
Esistono due opere, di questa originale e fantasiosa scrittrice, che accompagnano il Natale: ‘La notte di Natale’ e ‘La leggenda della rosa di Natale’. Nella prima raccolta di racconti, l’autrice attinge a fiabe svedesi, miti, leggende e perfino vangeli apocrifi, racconti raccolti nei suoi viaggi in Italia e in Oriente. Nelle sue storie convivono l’Impero di Augusto, la Giudea, Erode e Pilato, la regina di Saba e re Salomone, le crociate di Gerusalemme e la Firenze di Dante, un carosello vivace di vicende e narrazioni in un continuo entrare e uscire dai meandri della fantasia e le sottili pieghe dell’animo umano. Perché sono proprio le condizioni dell’animo umano che appassionano la Lagerlȍf e costituiscono le fondamenta del suo raccontare. Storie che attingono a epoche diverse, ma amalgamate sapientemente e rivisitate con grande abilità. Novelle poco ortodosse e molto moderne che dimostrano come la capacità narrativa non conosca confini spazio-temporali. In ‘La notte di Natale’ la vecchia Sibilla dal Campidoglio vede nascere in Palestina un bambino che cambierà il mondo; i tre Re Magi seguono la stella cometa come poveri emarginati e scoprono che la felicità non è nell’oro, nell’incenso o nella mirra; Tiberio, colpito dalla lebbra a Capri intraprende un lungo viaggio per raggiungere Gesù e chiedere la guarigione; Raniero de’ Pazzi porterà grandezza a Firenze e San Pietro in Paradiso, protesta per la sofferenza nel mondo. Gesù è il punto di partenza, gli uomini i veri protagonisti nel loro mondo dissestato in cui non può mancare la speranza, la solidarietà, l’amore. Novelle che invitano a distogliere gli occhi dalla terra per rivolgere uno sguardo al cielo e chiedere al cielo che non ignori la terra.
Nella seconda raccolta di novelle, ‘La leggenda della rosa di Natale’, è il paesaggio che fa da sfondo e rende affascinanti le vicende. Una foresta innevata che si trasforma a Natale in un meraviglioso giardino; impervie montagne che rivelano miniere d’argento; anime perdute tra le distese di ghiacci eterni, sorvegliate e accudite da una vecchietta abbandonata che non si rassegna alla solitudine. In questi racconti c’è tutta l’anima della Svezia, con le sue antiche tradizioni, le fiabe tramandate di generazione in generazione a lume di candela nelle lunghe notti nordiche. Un vecchio abate fa nascere un fiore nel buio inverno del Nord, una giovane che perde il suo amore in mare, lo porta in vita nei sogni, il violinista presuntuoso impara l’umiltà dalla musica di un ruscello. Una continua indagine dell’animo umano, dei sentimenti, dei valori, che non ha mai, in tutti i racconti di Selma Lagerlȍf, un “…e vissero felici e contenti”. Il lieto fine, semmai, è segnato da una redenzione, una sofferta conquista, l’accettazione del limite, il superamento di una paura, la fiducia ritrovata. Ma nonostante quella vena di realismo che troviamo nei suoi libri, chissà cosa scriverebbe Selma Lagerlȍf oggigiorno, osservando fatti e avvenimenti della nostra epoca con atteggiamento indagatore: chissà se le piacerebbe lo sguardo tra le donne per le quali il Natale significa un altro giorno di violenze, oppure i senzatetto costretti per strada tra l’indifferenza dei passanti o tra le tante manifestazioni di una società arrabbiata, incattivita, vendicativa e ancora, tra fatti di cronaca di ogni genere che lasciano ben poco spazio a fantasia e freschezza narrativa.
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Liliana Cerqueni
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