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È la sera dell’8 dicembre, Immacolata Concezione, e a Ferrara Off va in scena ‘Causa di beatificazione – unplagged’, trittico femminile sull’estremismo dell’amore.
Maternità: non è certo il solo attributo cui si può ridurre il genere femminile, ma è – forse – il più dirompente e il più potente, proprio perché una madre porta in sé la vita in potenza.
Il dogma dell’immacolata concezione impone di credere in un concepimento senza peccato originale, ma la rivoluzione, il coraggio di Miriam-Maria è l’accettare senza riserve la vita che arriva con l’annuncio del messaggero, diventare – come scrive Dante – Vergine e madre, figlia del suo figlio. “In nome del padre: inaugura il segno della Croce. In nome della madre s’inaugura la vita”, scrive Erri De Luca.
Le tre storie portate in scena da Matilde Vigna – suono live Alessio Foglia, testo di Massimo Sgorbani, regia di Michele Di Mauro – rovesciano l’immacolata concezione e riportano al centro il corpo femminile, il ventre nel quale la vita nasce e che rimane segnato dall’amore impossibile.
Tre figure femminili, allo stesso tempo icone e donne reali, protagoniste di tre canti di amore e di abbandono: una ragazza divenuta prostituta a Pristina durante la guerra dei Balcani; una infermiera palestinese realmente vissuta divenuta kamikaze durante la seconda Intifada; una mistica che emerge dalle profondità del medioevo, liberamente ispirata ad Angela da Foligno, morta nel 1309.

La prima fugge dal “campo dei miracoli” dove “il corpo cade a pezzi” e le scarpe spuntano come fiori, a Pristina è costretta a prostituirsi lungo il viale intitolato a Beata Madre Teresa e camminando su e giù spera di venirne contagiata e diventare un po’ beata anche lei. Diventa, invece, giovane madre di un figlio avuto da un soldato delle forze di pace, abbandonata e a sua volta costretta ad abbandonare il bambino finchè il “treno blu e veloce” non li porterà, lei e “il suo fagottino”, “dove l’inverno non fa paura” e non ci sono i bombardamenti.
Anche la seconda è stata abbandonata: da un marito che l’ha lasciata sola con la vergogna “di una pancia sterile come la sabbia del deserto”. Ora lei, la donna “con i ferri in pancia” è infermiera volontaria della Mezzaluna Rossa e cura i bambini deturparti e mutilati dalle ferite di guerra. Nel “sole di Palestina” che brucia la pelle anche a marzo diventerà “madre impossibile” sulle note di ‘Boum’.
La terza rimane sola perché nessuno vuole credere al suo amore mistico, nessuno vuole credere che ha conosciuto il Signore “laggiù nella vigna”, nessuno vuole (o può) credere che “l’amore non ha bisogno del cielo per scrosciare, l’amore cola anche dai muri”. Le consorelle le strappano la vita appena nata dalle gambe e lei si chiede: “Amore sconosciuto perché mi lasci?”
Tre donne condannate dallo sguardo perforante di un uomo e che ora, nello sguardo del pubblico, sono alla ricerca di una redenzione.

‘Causa di beatificazione – unplagged’ è un intenso esempio di teatro di parola e di testo in cui si attua con successo la fusione di dati estremamente realistici e con fughe continue nei territori di una smarrita e indomita poesia. Valore aggiunto dello spettacolo sono le immagini proiettate sullo schermo dietro Matilde Vigna, con le quali lei interagisce, creando un gioco di compresenza e duello fra corpo e immagine. E poi c’è lo straniamento creato dalle musiche di Alessio Foglia, come l’attacco della kamikaze palestinese accompagnato dalla canzoncina di Charles Trenet ‘Boum’.
L’interpretazione di Matilde Vigna è in ogni momento all’altezza della situazione: convincente, commovente, senza mai cadere nell’affettazione retorica. Naturale e credibile nel suo dire, poetico, di tono elevato e lirico, mai superficiale.
‘Causa di beatificazione – unplagged’ è duro, feroce, in qualche modo brutale eppure commovente e dalla sala teatrale di Ferrara Off si esce con un’immensa voglia e speranza di vita.

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Federica Pezzoli



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