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Analfabetopolis

Questa storia, inventata dai bambini e dalle bambine di una classe quinta, vuole sottolineare l’importanza del saper leggere e scrivere per vivere in pace gli uni con gli altri.

Analfabetopolis
C’era una città dove tutti, grandi e bambini, leggevano continuamente: al parco, sull’autobus, a tavola, in bagno…
Le biblioteche erano più di dieci, più di venti le librerie, in ogni piazza si trovavano bancarelle di libri, usati e nuovi.
I bambini non giocavano con il pallone, né gli adulti con le carte e tutti si raccontavano le trame dei libri letti.
Si sa però che esagerare non va mai bene e così, in quella città di gran lettori, nessuno lavorava più e incominciò una grave crisi.

Un prepotente dittatore prese allora il potere: un grandissimo ignorante che non sapeva né leggere né scrivere, che ordinò subito la distruzione di tutti i libri e il divieto di lettura.
La città cambiò immediatamente: i grandi andavano a lavorare e i bambini frequentavano le palestre e i campi da calcio tutto il giorno. Chi provava a leggere di nascosto le poche pagine bruciacchiate salvate dai roghi, finiva arrestato.
Le scuole vennero chiuse e le università trasformate in palestre e sale da gioco.
La città si riempì di negozi di televisori e di analfabeti.

Un giorno, tanti anni dopo, un bambino, che stava andando in palestra, vide in un cespuglio di more selvatiche, qualcosa di giallo. Con cautela sfilò l’oggetto, cercando di non pungersi, e si ritrovò fra le mani un libro di “magia”, in cui si insegnavano, anche ai più piccoli, divertenti giochi di prestigio.
Quella sera si immerse nella lettura del libro fino a tardi, ricordando quanto fosse bello leggere.
Purtroppo un vicino di casa, guardando dalla finestra, si accorse che il bambino stava leggendo alla luce della sua lampada e senza perder tempo lo denunciò alle guardie.
Il povero lettore finì nella prigione del dittatore e i genitori degli altri bimbi, spaventati per l’accaduto, nei giorni seguenti, dicevano ai propri figli: “Se vedi un libro, scappa lontano!”
Intanto, il libro era finito sulla scrivania del dittatore, che cominciò a sfogliarlo; non sapeva leggere, ma rimase colpito da alcune immagini in cui conigli uscivano da cappelli e colombe dalle maniche della giacca.
Ordinò perciò alle guardie di andare a prendere il bambino che, quando si trovò davanti al dittatore, fu obbligato a mostrargli alcuni giochi di prestigio.
“Ma come fai? È incredibile!” disse stupito il dittatore.
“La spiegazione è molto semplice e la puoi leggere nelle pagine del libro” rispose il bambino.
“Ma io non so leggere!”
“E io ti posso insegnare!”

E così, giorno dopo giorno, il bambino insegnò al dittatore a leggere e a scrivere.
Il dittatore imparava in fretta, appassionandosi così tanto da far riaprire presto scuole, biblioteche e librerie.
Tutti i cittadini oggi sono tornati a leggere liberamente, ma ora ricordano che nel passato avevano esagerato e adesso trovano anche il tempo di lavorare.
Il dittatore ha lasciato il potere ed è diventato direttore della biblioteca comunale, ma nel tempo libero fa magie in piccoli teatri e feste paesane.

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I Bambini del Cocomero



PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)