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Puntuale come le piene del Nilo, che per secoli hanno fatto dell’Egitto il granaio del mediterraneo, anche quest’anno Ferrara è stata ‘sorpresa’ dall’invasione dei Buskers ed immancabilmente, come capita da 27 anni a questa parte, la città si è divisa. Come mossi da una forza aliena, i due schieramenti contrapposti si sono ricostituiti ed hanno ripreso a combattersi con foga immutata, rilanciandosi le stesse polemiche e gli stessi insulti. Come se nulla fosse cambiato, come se nulla cambi mai. Al di là dei torti e delle ragioni di ciascuno, su cui tornerò più avanti, questa battaglia all’ultimo insulto e senza esclusione di colpi è interessante perché consente di capire meglio l’animo dei ferraresi.
Fiumi di parole sono stati spesi per discutere dei caratteri degli italiani ed anche se questa analisi non può certo dirsi esaurita, mi sembra interessante provare ad identificare gli elementi che, oltre a quelli più generali, caratterizzano comunità più piccole e più omogenee dal punto di vista storico e culturale. E poiché siamo a Ferrara…
Dunque, il carattere dei ferraresi, che tutti quelli che arrivano in questa città, semmai avendo un po’ girato l’Italia, trovano subito diversi dai vicini emiliani doc (quelli cioè che vivono lungo l’asse della via Emilia), ma anche dai romagnoli. Per tacer dei veneti. Dicono più o meno tutti: gente cortese, ma riservata; generosa, ma anche diffidente e gelosa delle proprie abitudini. I primi a parlar male della loro città, ma poi guai se qualche “forestiero” si azzarda. Ossequiosi delle forme, dei ruoli sociali e delle convenzioni, ma di costumi assai liberi nella sostanza. Estremamente attenti alle mode, da ostentare durante lo struscio “in piazza”, perché qui più che altrove apparire e farsi vedere è importante.
A Ferrara ci si lamenta perché nulla cambia, per poi lamentarsi di più ad ogni timido tentativo di cambiamento. La politica non c’entra, o c’entra poco, perché qui si lamentano tutti: sia chi sostiene la parte politica che governa la città da 70 anni, sia chi inutilmente la osteggia. E’ come se noi ferraresi fossimo da tempi immemorabili assuefatti al declino lento ed inesorabile della nostra città – vissuto quasi come una maledizione, che ci porta a sminuire ed a guardare con sospetto quanto succede di nuovo. Perché ben altro ha da essere quello che dovrebbe arrivare.
Città d’arte e di artisti; soprattutto di artisti “andati via” a cercar fortuna, che la città regolarmente dimentica in fretta con indifferenza quasi sdegnosa. Perché Ferrara chiede ai suoi figli dedizione totale e non tollera il tradimento: ai transfughi al massimo si riserva un formale omaggio postumo.
E quando arrivano i musicisti di strada, con il solito contorno di maghi, clown, cartomanti, mangiafuoco e giocolieri, i ferraresi si dividono. Per alcuni è proprio un rifiuto: come per quei ciclisti che imperterriti si ostinano a voler passare in sella al fidato velocipede per le strade che percorrono ogni giorno. Fa nulla se sono intasate da centinaia di persone. Altri se la prendono con le tribù di saccopelisti o campeggiatori abusivi e le poche decine di sbandati (squatter, punkabbestia ed assimilati) che “puzzano”, sporcano e “fanno casino” fino a tarda notte; anche se c’è da dire che il fenomeno già da diversi anni appare in nettissimo calo. C’è poi chi dice che il ritorno economico per la città sarebbe pressoché nullo, anche se negozianti, ristoratori e baristi del centro non la pensano proprio allo stesso modo. Ci sono infine gli “intellettuali”, quelli per intenderci con abbonamento a vita a Ferrara Musica, che giudicano tanto cacofonico bailamme inappropriato per una città d’arte (poffare!).
Dall’altra parte, molti sono ferraresi d’adozione, ci sono invece quelli che di questa manifestazione colgono soprattutto l’allegria e la voglia di divertirsi delle migliaia di coloro che vi partecipano. L’occasione di conoscere altre persone. Anche la possibilità di ascoltare veri e propri artisti, strumenti inusuali e musiche tradizionali di luoghi lontani, come è il caso quest’anno con la Mongolia; ma per questo ci vuole un po’ di orecchio. Ora che le sagre e le feste di partito si sono da molto tempo trasformate in eventi interamente ritualizzati: ristorante, ballo, lotteria, bar e due bancarelle di merce varia, i Buskers a Ferrara sono quanto di più somigliante ad una festa antica si possa trovare in circolazione. La gente si muove, ascolta quello che gli capita o quello che è venuta apposta ad ascoltare, balla, chiacchiera, beve una birra, si siede su un marciapiede, mangia una piada: senza percorsi obbligati o tempi prefissati. Un fluire lento colorato e caotico di persone allegre che si mescolano, si perdono, si ritrovano e si perdono di nuovo. Una magia per i tantissimi bambini, che ballano felici e guardano con stupore la meraviglia fuori dallo schermo.

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Raffaele Mosca



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