“BRIXIA. Roma e le genti del Po. Un incontro di culture” a Brescia dal 9 maggio 2015
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da: ufficio stampa SBArcheo Emilia-Romagna
Perché i Romani vollero espandersi verso l’Italia settentrionale? Cosa li attrasse nelle terre del Po occupate da genti di cultura e tradizioni così lontane dalle loro?
Una mostra archeologica risponde per la prima volta a questi interrogativi in un viaggio nel tempo e nello spazio attraverso reperti inediti.
Nel 295 a.C., a Sentino, nel cuore delle Marche, l’esercito di Roma e dei suoi alleati sconfiggeva la coalizione guidata da Sanniti e Galli Senoni.
Con quella vittoria Roma affermava il suo dominio incontrastato sulla penisola e si apriva la strada per la valle Padana. In pochi anni avrebbe sottomesso il territorio senone e fondato la colonia latina di Rimini, e nei due secoli successivi avrebbe prima conquistato e poi gradualmente inserito nel sistema politico romano tutta l’Italia settentrionale, in un processo conclusosi nel 49 a.C. con la concessione della cittadinanza.
Curata da Luigi Malnati (Soprintendente per l’Archeologia dell’Emilia-Romagna) e Filli Rossi (Soprintendenza Archeologia della Lombardia), la mostra “Brixia” narra una vicenda che ha la forza di un’epopea. Superando lo schema tradizionale dello scontro tra Roma e popolazioni locali considerate semibarbare e da integrare nella civiltà classica, l’esposizione illustra la realtà di un confronto che ha avuto molteplici sfaccettature. Perché questa è una storia che, tra pace e guerra, ha permesso di creare un nuovo modello sociale, modificando e modernizzando un grande territorio.
Una trasformazione non solo culturale ma anche fisica, fatta di disboscamenti, bonifiche, messe a coltura di terre fertilissime, e infine creazione di città unite da grandi strade consolari. Un percorso lungo tre secoli, dopo i quali nulla è più stato come prima.
Sullo sfondo della pianura del Po, area estesa tra gli Appennini e le Alpi e favorita in antico da una posizione privilegiata e dalla presenza di un grande fiume, la mostra ricostruisce la sorprendente fisionomia di un luogo d’Italia che divenne vero laboratorio di integrazione tra etnie e culture diverse e cassa di risonanza del confronto fra cultura romana ed ellenismo.
Lo fa esponendo quasi 500 reperti provenienti da decine di musei e istituzioni italiane, materiali eccezionali e spesso inediti, distribuiti in 12 sezioni lungo un percorso di 1500 metri quadri.
E prolungando l’esposizione con la visita al Parco Archeologico di Brescia, il più importante, esteso e conservato della Gallia Cisalpina (cioè del nord Italia).
Proprio in occasione di questa grande mostra, la Brixia che si erge intorno al celebre Capitolium, nel cuore della moderna città, svelerà due ulteriori gemme: la Quarta Aula del tempio Repubblicano, eretto due secoli prima dell’attuale con i raffinati affreschi parietali appena restaurati, e il grande Teatro Romano di Età Imperiale.
In un percorso che va dal Capitolium, ora integralmente visitabile, al Teatro, a Santa Giulia, dove sono conservate le spettacolari Domus dell’Ortaglia insieme a sontuosi mosaici e ai grandi bronzi, prima fra tutte la celebre Vittoria Alata, nascosti e rinvenuti proprio nell’area archeologica e sacra della città.
Sfuggiti dalle invasioni barbariche per arrivare sino a noi. Un tesoro di statuaria bronzea unico al mondo per qualità e bellezza.
La mostra è arricchita dalle più moderne tecnologie digitali: il percorso espositivo è scandito da quattro multiproiezioni immersive (realizzate in collaborazione con Epson) e da un’avveniristica guida audio-video multimediale.
Il Catalogo generale della mostra è a cura di Luigi Malnati e Valentina Manzelli; il catalogo/guida alla mostra e all’area archeologica è curato da Filli Rossi e Francesca Morandini
BRIXIA
Roma e le genti del Po. Un incontro di culture. III-I secolo a.C.
Museo di Santa Giulia e Brixia, Parco Archeologico di Brescia romana
Via Musei 81/b e Via Musei 55 – BRESCIA
A cura della Direzione Generale Archeologia del MiBACT, Soprintendenza Archeologia della Lombardia, Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei
Progetto scientifico di Luigi Malnati (Soprintendente per l’Archeologia dell’Emilia-Romagna) e Filli Rossi (Soprintendenza Archeologia della Lombardia)
Orari di apertura
dal 9 maggio al 15 giugno 2015: da martedì a venerdì 9.30-17.30, sabato e domenica 9.30-20
dal 16 giugno al 30 settembre 2015: da martedì a venerdì 10.30-19, sabato e domenica 10.30-21
dal 1 ottobre 2015 al 17 gennaio 2016: da martedì a venerdì 9.30-17.30, sabato e domenica 9.30-20 (1 gennaio 2016 dalle 12 alle 17.30)
Chiuso tutti i lunedì non festivi, il 24,25 e 31 dicembre
Il biglietto d’ingresso denominato BRIXIA (intero € 13) comprende la visita alla mostra (allestita nel Museo di Santa Giulia) e al Parco Archeologico (IV cella, Capitolium e teatro); si consiglia la prenotazione per la visita della IV cella data la capienza limitata a un massimo di 150 persone all’ora.
Sono previste altre due tipologie di biglietto che integrano BRIXIA con il Museo di Santa Giulia (intero integrato € 17,50) o con i Musei del Castello (intero integrato € 14)
Cenni storici e scheda della mostra
Le popolazioni che abitavano la valle Padana avevano alle spalle storie molto diverse. Le tribù celtiche (Insubri, Cenomani, Boi.) avevano ereditato le civiltà dei popoli che abitavano quei territori prima di loro, Etruschi, Umbri, Liguri, Celti di ceppo ancora più antico. Ne avevano assimilato i costumi e costituivano un’élite politico-militare ben organizzata.
I Veneti erano di provenienza assai antica, con una cultura urbana elaborata e comuni origini con i Latini. Al contrario i Liguri, che si consideravano a ragione una stirpe autoctona, erano ancora organizzati sul modello tribale.
Ciascuna di queste popolazioni ebbe una propria politica nei confronti di Roma: alcuni furono alleati stabili (Veneti, Cenomani) altri ostili (Boi, Insubri) o divisi al proprio interno (Liguri). Ma neppure la strategia della Repubblica nei loro confronti fu mai univoca: a seconda che prevalessero le ragioni del partito “popolare” o di quello “senatorio” fu attuata una politica aggressiva per guadagnare nuove terre da assegnare a coloni italici disposti a trasferirsi o a collaborazione “amichevole” con i ceti dirigenti e aristocratici locali.
Sono i reperti archeologici presenti nei musei dell’Italia del nord (rinvenuti in scavi anche recenti) che ci consentono di ricostruire un quadro così complesso e vivace, di cui le fonti antiche ci illustrano soltanto gli elementi essenziali.
La mostra segue una sequenza cronologica rispettando la logica del confronto. Le diverse popolazioni padane nel IV e III secolo a.C. sono presentate attraverso reperti significativi e simbolici dei loro corredi funerari e da ciò che è emerso dagli scavi delle loro città. Ne escono immagini di civiltà complesse, con capi che esaltano ora il proprio livello culturale ora il ruolo guerriero, e di un’organizzazioni politiche avanzate, dotate di moneta e scrittura.
A fronte sono esposti i reperti coevi della colonia di Rimini o di centri sotto il controllo diretto di Roma, come Ravenna.
Seguono gli anni delle guerre. L’imponente frontone di Talamone celebra la disfatta dell’ultima offensiva celtica nel 225; la risposta di Roma porterà alla prima conquista della val Padana e alla vittoria di Casteggio.
Poi Annibale passa le Alpi e attraversa la pianura mentre Boi e Insubri, appoggiando la sua impresa, mettono in gioco la propria indipendenza. Di quegli anni sono esposte non solo le armi degli eserciti contrappostí, recuperate nei corredi funerari e rappresentate nei monumenti e nei reperti votivi, ma anche l’esito della penetrazione culturale e politica di Roma, con l’impianto di santuari di tipo italico già alla fine del III secolo, i cui reperti si confrontano con quelli dei contemporanei luoghi di culto locali.
Con il II secolo le principali colonie latine e romane così come le città alleate -da Rimìni a Bologna o Piacenza, da Aquileia e Padova a Brescia o Milano- presentano già caratteristiche comuni. La mostra illustra le mura, le porte urbiche, le strade, gli edifici civili (come il foro), le basiliche e, nel caso di Bologna, uno dei più antichi teatri stabili. I grandi templi come il Capitolium, i santuari urbani e del territorio sono testimoniati da resti architettonici fittilì figurati di tipo italico ed ellenistico e da statue di culto, per lo più acroliti in marmo. Vengono introdotti nuovi culti, italici e orientali, che spesso riflettono gli orientamenti delle diverse personalità politiche romane, ma vengono anche confermati e assimilati i culti locali, come ben dimostra il caso emblematico di Brescia.
La ricchezza crescente della Cisalpina in età repubblicana è evidente non solo negli edifici pubblici e religiosi ma anche nelle case private. La mostra espone soprattutto le pavimentazioni, che evolvono da modesti laterizi e semplici battutì in cementizio a pavimenti decorati con motivi geometrici e a mosaico; ma non mancano decorazioni parietali o reperti di lusso rinvenuti negli scavi per abbandono o tesaurizzazione.
Le planimetrie mostrano come nel I secolo le classi dirigenti abbiano già aderito al modello di casa ad atrio. Nell’Italia settentrionale tutto riflette l’aumento progressivo di ricchezza, dovuto allo sfruttamento agricolo del territorio, ben organizzato grazie al controllo delle acque e alla distribuzione funzionale delle terre (la centuriazione), ma anche alla nascita di manifatture locali (vasellame bronzeo, tessuti, laterizi, ceramiche, carpenteria) e allo sfruttamento di risorse naturali, come le riserve aurifere della Bessa.
In questa fase, il confronto tra le popolazioni locali e i coloni è affidato soprattutto alle sepolture. Per la prima volta vengono esposti insieme corredi e stele funerarie dello stesso periodo attribuibili a romani (in Emilia Romagna e Aquileia), a Veneti, Cenomani, lnsubri e Liguri. È così possibile confrontare l’apparato funerario di un notabile romano sepolto presso Piacenza (strepitoso il suo letto funerario in osso di fattura centro-italica e tradizione ellenistica), con la sepoltura del capo cenomane di Zevio, con resti del carro e vasellame bronzeo della medesima provenienza.
Così, dall’intesa tra le classi dirigenti e da un confronto virtuoso tra le diverse aree culturali, nasceva la provincia della Gallia Cisalpina, centro propulsore delle conquiste di Cesare e futuro baluardo della civiltà classica contro le invasioni germaniche.
Vedi anche http://www.archeobologna.beniculturali.it
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