BORDO PAGINA
Recensione: Credo in te. Come e perché valorizzare i bambini
Tempo di lettura: 4 minuti
di Isabelle De Lisle, Karine Le Goaziou, Maria Basque, Ostiane Mathon
(Armando editore, 2018, Roma)
“Credo in te è il frutto di un lavoro collettivo, un progetto che ha visto coinvolte quattro esperte dell’educazione, ognuna con il proprio bagaglio di esperienze e competenze, accomunate da un’immensa passione per il loro lavoro. Queste donne si rivolgono con ottimismo e speranza agli educatori e ai genitori che desiderano valorizzare e accompagnare i bambini verso la piena espressione delle loro potenzialità. Riflettendo sulla possibilità di proporre un’educazione che sia nel contempo esigente e indulgente, danno consigli ed esempi concreti da mettere in pratica nel rapporto quotidiano con i più piccoli, a scuola e a casa.
Maria Basque, professoressa da oltre quindici anni, si è dedicata alla formazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici attraverso percorsi professionali pensati per il benessere e il buon funzionamento della scuola.
Isabelle De Lisle, lavora a Nantes come coach di bambini e adulti, con l’intento di valorizzare l’intelligenza emotiva.
Karine Le Goaziou, ha creato e animato circoli sul linguaggio genitoriale, laboratori e incontri formativi, focalizzandosi sull’accompagnamento terapeutico dei bambini, adolescenti e adulti con disturbi dell’apprendimento, iperattività e sindrome da deficit di attenzione.
Ostiane Mathon, dopo ventiquattro anni di esperienza come insegnante e formatrice in Francia e all’estero, ha fondato il @LabLearn Conseil&Formation, un laboratorio mobile specializzato nel design learning e nel processo del cambiamento”
Dalla parte dei bambini, nel nostro tempo contemporaneo, complesso e iperattivo (non solo il bambino elettronico…), questo il succo centrale di questo quasi manifesto “neopedagogico”: scritto a 4 mani da insegnanti esperte francesi, influenzate vuoi da noti classici moderni postpsicanalisi quali J. Bowlby e A. Miller o lo spesso A. Maslow, potenziati e riletti dalle nuove scoperte neuroscientifiche e della psicologia cognitivista.
Il libro, infatti, pur rigoroso e pragmatico è anche essenzialmente biografico, scritto con linguaggio colmo di “intelligenza emotiva”, come spesso evidenziano le autrici: vite e lavori conoscitivi dedicati alla valorizzazione dei fanciulli umani: opere d’arte viventi i bambini, esperimenti in sé di vita per educatori, genitori e insegnanti, secondo tradizione il “mestiere” più difficile del mondo, eppure, gira e rigira, una sorta di DNA sociale.
Ogni bambino è anticipazione del futuro sociale, come adulti del domani e ogni realistico cambiamento desiderabile e sociale stesso, più che da riforme anche strutturali politiche e giuridiche, dipende strutturalmente dall’infanzia e dal suo divenire: una generazione creativa nel suo sempre arduo “rinascimento” semina società future altrettanto creative o meno.
Le autrici descrivono diverse strategie (il gioco sempre in primo piano come artificio e simulazione ) come prassi per accompagnare i bambini verso l’armonioso sviluppo del proprio Sé, all’insegna della non violenza (soprattutto linguistica e psicologica): senza per fortuna certa retorica dei decenni scorsi basata su certa illusione pedagogica e psicosociale di sbarazzarsi di alcuni archetipi cosiddetti autorevoli con confusione dei ruoli Padre Madre Figli: da cui certo trend ultrapermissivo che ha poi generato sia certa indubbia crisi delle Istituzioni scolastiche primarie o adolescenziali stesse, sia fenomeni cosiddetti bullisti o di baby gang tristemente note alle cronache.
In questo testo il ruolo educativo e psicopedagogico dell’autorità razionale ed emotiva è nuovamente abc fondamentale, simultaneo alla necessità di feedbak naturalmente liberi verso i bambini e le loro peculiarità talentuose (la normalità come talento senza complessi della prodezza), focus – come spesso basilare in psicologia e scienze dell’educazione e della comunicazione, la parola e il linguaggio ma anche la parola paradossalmente (e la mente) non verbali, “incarnate” nel linguaggio del corpo, nel nostro tempo quasi come un wireless.
Una visione educativa delle autrici destinata, come poi dalla loro esperienza concreta, attraverso anche costanti e programmatici laboratori, non soltanto ai bambini di buona “scolasticità”, anche a quelli spesso apparentemente più o meno “difficili”: problematicità che spesso celano semplicemente talenti non riconosciuti o l’eterno ritardo paradigmatico delle istituzioni scolastiche, ancora prigioniere di presentismo a breve termine e del vecchio conformismo sociale, senza antenne futuribili, ché poi l’avvenire e l’orizzonte “più reale del reale” dei bambini – adulti del domani – in un mondo che cambia più veloce del lentismo storico “burocratico”.
Tra i diverse “nodi” globali, spiccano, oltre – come accennato – al ruolo decisivo empatico della comunicazione non verbale, il ruolo sottovalutato ancora in generale, dell’Intelligenza ritmico musicale come metafora di “assimilazione” del mondo e del Reale cosiddetto stesso e di quella temporale: ogni bambino, come futuro “direttore d’orchestra” o “compositore” ha un suo spartito o una sua bacchetta “magica” non uniforme.
Riassumendo, il libro appare sulla scia sia della contemporanea conoscenza, come accennato, esistenziale cognitivista e dopo le neuroscienze, all’insegna di certa cosiddetta Psicologia positiva, laddove il Bello -potenziato- genera auto-organizzato il Bello, il Buono il Buono, la Meraviglia persino la Meraviglia, senza velleità di perfezione; laddove il bambino ascoltato nei suoi talenti e quasi bioritmi personali senza schematismi non plastici e relativi, viene “facilitato” verso l’autostima.
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Roby Guerra
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