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A cura di E. J. Pilia, anche D Editore e A. Melis, architetti e neosituazionistici, nel panorama ciberculturale contemporaneo si distingue (tra altre ovvie notevoli produzioni), questo singolarissimo e avveniristico: “Lezioni dalla fine del mondo. Strategie urbane di sopravvivenza agli zombie e alla crisi climatica” (D Editore, Roma). Il testo si avvale dei contributi scritti e teorici degli stessi architetti d’avanguardia, sociofuturibili e anche a volte docenti in varie università anche internazionali: ovvero:
Oltre a Emmanuele J. Pilia e Alessandro Melis, rispettivamente con “Cronache dalla fine del mondo” e “Progettare la fine del mondo” + il comune epilogo di “Zombiecity”, Emilio Josè Garcia (un testo omonimo del titolo parzialmente, “Lezioni dalla fine del mondo”, quasi una introduzione), Massimo Gasperini (“Città dalla fine del mondo”) e Paola Leardini con “Proposte dalla fine del mondo”, quasi un epigologo futurpragmatico: il tutto corredato e potenziato dai contributi grafici e visivi di altri architetti, progetti vari selezionati, quali B. Suen, B. Liang, D. Wilson, E.E. Seo, K. Mann, L. Kheir, M. Patelm P. Ang, T. Anyal.

Appunto, gioielli anche estetici iper-eco modernistici di urbanistica architettonica destinata a creare isole come specie di colonie o sonde spaziali sulla Terra per piccole medie grandi comunità (se non città) di sopravvissuti alla crisi della civiltà moderna attuale, postapocalittico non solo postnucleare e non solo immaginario; anche degenerazioni della specie, leggi Zombie in senso di figura specchio sfondo o iconica, vuoi semplicemente per certi supposti radicali Global Warm e crisi ecologiche prossime venture: Future e City House originali con incluse fin dalla ubicazione privilegiata nel vecchio tessuto urbano o persino in isole più o meno remote vere e proprie strategie difensive e protezione complesse, coinvolgenti le intere aree prescelte, riformattate in tal senso.
Il libro è una affascinante sorpresa: è un canto del cigno della storia modernista pur gloriosa e utopica anche nelle metacittà poi sorte, bene o male, metropoli incluse, al passo con la fine della Struttura proclamata da certa matrice squisitamente postmoderna e già postumana e ecoterrestre. Sia la dimensione conoscitiva che progettuale oscilla con infinite sfumature e nessuna dissolvenza tra fantascienza e urban Philosofy, moltissimi i rimandi sia all’immaginario diretto (leggi icone Zombie) dei vari Romero, sia a certo archetipo fantastorico, da T. More a Orwell, sia ai modernissimi oltre… Derrida, Ballard, Baudrillard, Virilio, Debord e a famosi architetti del Novecento e primo duemila.
“Lezioni dalla Fine del mondo…” si legge quindi come una previsione futurologica ma anche come romanzo di fantascienza sociale purtroppo o per fortuna verosimili, testimoniando nonostante tutto e pure paradossalmente, la forza ancora in fondo “infantile” ma sublime e potente della conoscenza scientifica e delle tecnologie mentali e congetturali anche per estreme resistenze per il futuro dell’umanità, minacciata da regressioni varie eco-sociali se non persino biopolitiche.
In tal senso, come opera aperta, off topic rispetto al libro che ne accenna o parla solo tacitamente o lateralmente, tali strategie anti Zombie (in senso ermeneutico e simbolico), gli scenari immateriali e materialissimi, innovativi e ecosostenibili sia per la Natura che per gli Umani, potrebbero benissimo essere ad hoc anche per eventuali minacce meno endogene, leggi invasioni di alieni pericolosi o degenerazioni islamico radicali, dando retta a orizzonti molto discussi, ma non esorcizzabili, dallo stesso scrittore futuribile Houellebecq. Oppure in tal senso meno radicale, tracce di nuove strategie urbane per pilotare anche in chiave difensiva, non solo d’integrazione, la cosiddetta sfida epocale multietnica, contradditoria in termini di progresso della civiltà.

Info:
http://deditore.com/prodotto/lezioni-dalla-fine-del-mondo/

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Roby Guerra



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