BORDO PAGINA
“Cosmos”, una poetica rock nel libro d’esordio di Luca Grigoli
“Cosmos” di Luca Grigoli, libro d’esordio del nuovo poeta (Este Edition 2017) originario di Argenta, nel ferrarese, in realtà, come poi dal sottotitolo (“Visioni -1993-2016”), sintetizza la poetica dell’autore fin dai suoi circa 20 anni. Libro presentato per la cronaca recentemente per la nota Rassegna letteraria “Autori a Corte” (2017) e “Libri in Fabula” (Galleria Fabula FineArt). Un versificare pulsionale scorrevole, lirico, quasi simbolista e postsimbolista aggiornato, attraverso la grande stagione stessa letteraria surrealista fino a atmosfere esistenziali terrestri e elettrocosmiche sempre molto quotidiane.
Soprattutto spicca poi una stagione diversamente letteraria e generazionale, certa nuova poetica rock pop neppure potenziale per l’autore che già ha collaborato a livello testuale con gruppi heavy metal (e nel libro anche alcune dediche esplicite).
Se certa matrice, poco italiana e più europea letteraria, come accennato, forse nella tradizione moderna italiana qualcosa degli Scapigliati e dello stesso Dino Campana, appare indubbia, il quid speciale e personale appunto rock poetico caratterizza questa lunga raccolta temporale.
“Venuti alla luce” pubblicatti, tranne alcuni episodi, riviste e concorsi, soltanto quest’anno, i testi trascendono certo divenire temporale o cronologico: fin dai primi testi della gioventù appena postadolescenziale la penna di Grigoli è già “orizzontale”, una cifra linguistica definita.
Le numerose e decine e decine di poesie molto spesso sembrano canzoni d’autore potenziali per amplificazioni musicali: anche qua distante dai copioni anche illustri dei cantautori italiani e non solo; se almeno in Europa e nei paesi anglosassoni acquisita da Jim Morrison a Patty Smith allo stesso Syd Barett e Robert Smith (Cure) certa nuova poetica rock, l’ancor giovane Grigoli segue (e anche concretamente) griglie d’interfaccia in certo senso insolite: l’heavy metal, già hard rock, dai leggendari Led Zeppelin, Black Sabbath e Deep Purple o AC/DC, fino alle new wave del genere di questi anni duemila.
E tale almeno suggestione pop letteraria, dimostra l’altra profondità di un genere, spesso bollato più superficiale di altro Rock cosiddetto decadente o Dark o Art Rock storico, quantomeno con le dinamiche testuali, al di là delle figure icone leader del cantante, subordinate come quasi uno strumento di sottofondo alla spettacolarità e al sound appunto “Hard” e pesante… delle band.
In ogni caso, colpisce, criticamente parlando, certo cosiddetto “minimalismo” testuale nel versificare di Grigoli: nessuna sperimentazione forzata o eccessi analitici sul linguaggio spesso sopravvalutati nella tarda poesia contemporanea: semmai due “cristalli”, riassumendo: da un lato certo ritorno ai primordi della poesia modernissima postsimbolista, dall’altro una sua ricombinazione alla luce di un archetipo nuovo , quella del pop e dell’heavy metal in particolare che ne fa oggi una parola viva, empatica, comunciativa e stimolante, oltre oggi certe abusate e spesso difensive e sopravvalutate nicchie letterarie.
Per certa equazione personale e generazionale, l’autore non canta futuri postumani sbalorditivi o rivoluzionari: i suoi riflessi del nostro tempo, defuturizzato e problematico, esitano come riflessi colmi di malinconie ma anche arcobaleni di tristezze: il suo è un mondo cromatico realistico. Registra i bachi di questo inizio duemila, la vita “elettronica” nel suo caos incombente, ma è l’attuale Surrealtà: i suoi versi sono piccole grandi sublime-azioni con la parola intrisa di immagini mai ridondanti, anzi pulsionalmente levigate e in questo senso – non retorico- come altrove- la poesia magari non salva la vita, ma distilla potenza e cuore s-oggettivo e orizzonti diversamente progettivi.
Uno dei testi di Luca Grigoli (Anni 2000, 2016, estratto)
“Volti indistinti,
Folle oceaniche, i loro volti stanchi.
Sagome indistinte si trascinano, giorni monotoni.
Un milione di voci, nessuna voce.
Tracollo finale, disillusione.
Filmato in bianco e nero immagine sbiadita.
La piazza rossa del secolo scorso.
Ombre nere, puara, ombre grigia d’apatia.
Dormitori, gente si stropiccia gli occhi.
Silenzio nelle stanze,
Seduto davanti allo schermo di un computer un ragazzo.
Un ragazzo nella sua stanza, mille colori, mondo virtuale.
Animazione giapponese, musiche tailandesi in sottofondo…”
Info:
Libro Cosmos Este Edition
http://www.este-edition.com/prodotti.php?idProd=1087
Blasting News magazine, intervista a Luca Grigoli
http://it.blastingnews.com/cultura-spettacoli/2017/05/la-cosmopoesia-surrealistica-di-luca-grigoli-001661241.html

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Roby Guerra
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)