C’è un film in questi giorni di cui si parla molto: chi lo ha già visto lo ripercorre, chi non lo ha ancora visto cerca di capire cosa aspettarsi. Si tratta di “Birdman”, candidato a 9 tra i più importanti premi Oscar. Umilmente, proviamo a orientare, dicendo subito che non è un film sui supereroi, come magari la locandina con l’uomo uccello potrebbe suggerire; per cui, se cercate storie ed effetti facili, non fa per voi.
Protagonista è Sam Riggan, Michael Keaton, attore non a caso interprete dei due Batman di Tim Burton, divenuto nel film protagonista di una fortunata serie di supereroi, “Birdman” appunto. A una certa età, investe tutte le energie e le risorse economiche nella produzione di una pièce teatrale per Broadway, liberamente ispirata a un racconto di Raymond Carver, riconosciuto protagonista del minimalismo letterario e cantore di storie dei perdenti e degli umili della provincia americana.
Il film è talmente pieno di tematiche filosofiche, situazioni esistenziali, metafore e simbolismi, che si stenta a dare un ordine; da qui la prima sensazione, netta, di un evolversi magmatico, un fiume di emozioni e situazioni che scorrono, impetuose come sangue, nei corridoi negli interrati nelle quinte del teatro dove si produce lo spettacolo. La maggior parte del film è stata girata in un unico piano sequenza (apparente, perché in realtà ci sono inevitabili stacchi, sia pur nascosti), che nella unità spazio-temporale ricordano, almeno allo scrivente, il cinema di Robert Altman, da “Nashville” all’ultimo “Radio America”.
Una umanità formicolante e vitalistica, carica di conflittualità parossistiche, a partire dall’eliminazione di un attore definito “cane” mediante un attentato con attrezzi del backstage, per proseguire con lo scontro generazionale, fino alla lotta fisica, tra lo stesso Keaton e un vibrante e nevrotico attor giovane Edward Norton, e i dilanianti rapporti con la ex moglie e la nuova compagna, peraltro entrambe attrici, dove la realtà e la finzione teatrale non hanno confini… magma appunto.
Gli unici “esterni” dal teatro sono una lunga carrellata del protagonista in mutande (a causa di un buffo incidente) sui marciapiedi di Broadway affollati da una umanità a sua volta straniata e surreale, anche mediante l’uso di una particolare ottica; denudato dunque, e ridicolizzato, ma proprio per questo Twitter e Facebook ne faranno la fortuna; e i duetti di seduzione tra Norton e la figlia di Sam, Emma Stone, su un tetto con lo sfondo di uno struggente skyline newyorkese.
Memorabile lo scontro tra il protagonista e una cinica e sprezzante critica del Times, che anticipa una stroncatura, mentre la figlia la ridicolizza “e chi lo legge più il Times”; l’insanabile conflitto tra una cultura ‘pop’ che premia la spettacolarità e gli effetti speciali dei Supereroi e dei Transformer, e la sacralità delle sale di teatro di Broadway e la borghese convenzionalità del suo pubblico; il disincanto e il dramma esistenziale della tossica e sbandata figlia di Sam, l’unica che sembra avere una visione ‘esterna’ del mondo reale.
Un film barocco, pieno di effetti e di suggestioni, di trompe l’oeil, dove il vitalismo e le asprezze del regista Alejandro Gonzalez Inarritu, già fortunato autore di “Amore Perros”, “21 grammi”, “Babel”, si sviluppano in una fitta e imprevedibile tessitura, come un ordito di filigrana moresca. Un cast stellare, dove oltre ai già citati, troviamo una Naomi Watts in splendida forma, e altri protagonisti molto efficaci e ben calibrati sul personaggio. Una vivida colonna sonora, incisiva e non accessoria, con una martellante sezione di percussioni, con imprevisti e vividi inserti di Tchaikovsky, Ravel, Mussorgsky.
Sullo sfondo, un sentimento che attraversa tutta la storia, forse il solo che, nel pirotecnico, nevrotico e rutilante scorrere del film, tocca note di tenerezza e di autenticità, che commuovono: il bisogno di dare un senso alla propria vita, di essere accettati non come fenomeni dello show business, ma come portatori di valori autentici, in una parola di essere amati (la pièce teatrale si intitola “Di cosa intendiamo parlare quando parliamo d’amore”); significato rappresentato dalla epigrafe, che fu letta al funerale dello scrittore Raymond Carver:
“E hai ottenuto quello che
volevi da questa vita, nonostante tutto?
Sì.
E cos’è che volevi?
Sentirmi chiamare amato, sentirmi
amato sulla terra.”
Birdman (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza), di Alejandro González Iñárritu, con Michael Keaton, Zach Galifianakis, Emma Stone, Edward Norton, Andrea Riseborough, Amy Ryan, Usa, 2014, 119 min. (consigliato sopra i 13 anni)
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Massimo Piazza
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