Biblioteche pubbliche e sociali
Una ‘piccola’ petizione popolare pone grandi questioni
Tempo di lettura: 4 minuti
Una decina di giorni fa abbiamo depositato 2065 firme a sostegno della petizione sul rilancio del sistema bibliotecario comunale, promossa dalle lavoratrici e dai lavoratori delle biblioteche stesse e fatta propria da CGIL-CISL-UIL di categoria e dalla RSU del Comune. E’ un fatto molto significativo, quello di aver coinvolto più di 2000 cittadini in neanche un mese di raccolta firme, su un tema come quello del futuro delle biblioteche in città, che propone diverse riflessioni. La prima, naturalmente, è quella relativa all’efficacia di tale iniziativa. Al di là delle pur fondamentali procedure istituzionali, che prevedono che la Giunta o il Consiglio Comunale devono rispondere entro 60 giorni alla petizione presentata, abbiamo già inviato al sindaco una richiesta di incontro per spiegare i contenuti e le motivazioni di questa nostra iniziativa, che pone alcune questioni rilevanti sul futuro del sistema bibliotecario e sulla stessa idea di promozione culturale in città. E cioè che si riprenda e si dia corso alla realizzazione di una nuova e strutturata biblioteca nell’area Sud della città, che si rimpiazzino le lavoratrici e i lavoratori che stanno giungendo al pensionamento per garantire almeno il livello quali-quantitativo dei servizi attualmente offerti e, ultimo ma non certo per ordine di importanza, che si sviluppi una discussione pubblica sulla necessità di innovare e adeguare alle mutate condizioni il sistema bibliotecario e culturale in città. Misureremo le intenzioni dell’Amministrazione su questi punti, che non possono essere messere facilmente tra parentesi, non solo per il numero significativo di sottoscrittori della petizione, ma ancor più per i suoi contenuti, ai quali ci atterremo strettamente per dare poi il nostro giudizio sulle scelte dell’Amministrazione in questo campo.
Il riscontro positivo della raccolta firme sulla petizione, poi, induce a sviluppare qualche ragionamento più di fondo. Intanto sul significato e il ruolo della partecipazione della cittadinanza alla definizione delle scelte di governo della città, che, ancora una volta, si dimostra essere viva nel momento in cui si affrontano questioni concrete e su cui si può, almeno potenzialmente, influire. Senza troppa enfasi, penso si possa sostenere che la raccolta firme sulla petizione rappresenta un buon tassello per costruire un circuito virtuoso di democrazia partecipativa. Quella che vive in un intreccio tra iniziativa strutturata della cittadinanza e decisione nelle sedi istituzionali proprie, a partire dal Consiglio Comunale, che non contrappone l’una all’altra, ma, anzi, le rafforza vicendevolmente, che non si limita all’espressione del voto una volta ogni 5 anni, ma che non si nutre neanche dell’esaltazione acritica della democrazia diretta. Democrazia partecipativa, che, peraltro, ha bisogno di procedure ancora più precise e forti per favorire l’espressione dei cittadini, di poter avere a disposizione sedi pubbliche di incontro e informazione, di un rilancio di luoghi “istituzionali” diffusi territorialmente che possano ricostruire legami sociali e discussione larga.
Occorre poi mettere a punto un ragionamento più compiuto sul ruolo della produzione e diffusione della cultura nella città. A questo proposito, diventa fondamentale recuperare il concetto di ‘bene comune’ nel suo significato più alto, quello, per intenderci, avanzato in particolare dal compianto Stefano Rodotà e uscire dalla banalizzazioni di cui è stato oggetto. Bene comune è quello che garantisce diritti fondamentali – e la cultura è certamente tra questi- e la cui gestione, necessariamente, è pubblica e partecipata. Pubblica, nel senso che non può soggiacere alle logiche di mercato e profitto, e partecipata, nell’accezione che essa si realizza a partire dalle scelte politiche e amministrativa, ma cammina sulle gambe dei soggetti che producono il bene comune e di quelli che ne usufruiscono, né consumatori, né clienti, ma coprotagonisti delle scelte che si compiono in proposito.
Per stare al tema delle biblioteche, ciò significa orientarsi verso un modello di ‘biblioteche sociali’: luoghi di diffusione e produzione culturale, ma anche di incontro e promozione di attività dei tanti soggetti e associazioni che intervengono in questi campi, con modalità di relazioni e di decisione che mettano al centro queste stesse realtà assieme a chi lavora all’interno delle biblioteche.
Infine, per incrociare un tema di cui si parla molto e ancor più si specula, mi piace affermare che produrre e diffondere la cultura significa anche contribuire a costruire una città ‘sicura’: se solo si riesce ad uscire dallo stereotipo securitario, forse ci si rende conto che vivere sentendosi sicuri passa anche attraverso la comprensione di ciò che accade nella città e nel mondo, dotarsi degli strumenti per farlo, abbattere le diffidenze nei confronti dell’altro e del diverso, costruendo le relazioni e i legami sociali che lo consentano, riappropriarsi della vivibilità del territorio con i necessari presidi pubblici e di socialità che possono sostenere questa prospettiva.
Insomma, anche una ‘piccola’ petizione come quella sul sistema bibliotecario comunale ci può parlare di grandi questioni. Se solo le vogliamo cogliere e, ancor più, tornare a puntare sul confronto e l’incontro tra le persone e mettere da parte il rancore e l’individualismo che troppo continua a circolare e a far male alla nostra città e alla società tutta.
Sostieni periscopio!
Corrado Oddi
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it